Crescita in calo e ritorno del Patto di stabilità: spazi stretti per la manovra 2024

Giorgetti al Meeting di Rimini - Credit: MEFIl peggioramento delle previsioni economiche erode il tesoretto previsto nel DEF per finanziare la prossima legge di bilancio. E con il mancato avanzamento del negoziato sulla riforma della governance macroeconomica dell'Unione, e il rischio concreto di un ripristino delle regole dell'attuale patto di stabilità, i margini di azione per il Governo si riducono drasticamente.

Negoziati in salita sulla riforma del Patto di stabilità

Che non si sarebbe trattato di una manovra espansiva era già cosa nota. E da tempo è chiaro che nessuna delle principali promesse elettorali della coalizione di centro-destra al Governo, dalla flat tax all'abolizione della legge Fornero, potrà trovare posto nella legge di bilancio 2024. Al massimo, la conferma del taglio del cuneo fiscale e delle varie misure per facilitare i prepensionamenti, da Opzione Donna a Quota 103.

Gli ultimi aggiornamenti sul quadro macroeconomico, però, smentiscono le previsioni su cui poggiavano i piani del Governo. Secondo gli esperti la crescita dell'1% attesa per il 2023 non ci sarà e anche nel 2024 non si raggiungerà l'1,5% previsto dall'Esecutivo. +0,8% per il Pil 2023 e appena 0,6% per il prossimo anno sono le stime degli esperti dell'Oxford economics. Il Centro Studi di Confindustria, nella congiuntura flash rilasciata a fine luglio, avverte che la dinamica del Pil italiano nel secondo trimestre 2023 è quasi ferma, l'aumento dei tassi di interesse sta peggiorando le condizioni creditizie e il traino determinato dall’export di beni si è arrestato.

Così, mentre le Regioni chiedono più risorse per la sanità e la CGIL di Landini annuncia battaglia in autunno contro il lavoro povero, il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti mette le mani avanti: “sarà una legge di bilancio complicata” e “non si potrà fare tutto”, avverte in videocollegamento al meeting di Rimini.

La priorità dovrà andare al sostegno dei redditi medio-bassi e agli interventi per promuovere la crescita, dice sempre alla platea di Comunione e Liberazione. Il rischio, però, è che anche per queste misure i margini siano ridotti all'osso, se non inesistenti, e che la manovra debba invece essere utilizzata per correggere i conti pubblici. Una manovra di austerity, con tagli alla spesa, anche in settori che invece richiederebbero maggiori investimenti.

Anche perchè, la legge di bilancio arriverà in un contesto del tutto mutato rispetto agli ultimi anni. Il 2023 è infatti l'ultimo anno di applicazione della clausola di salvaguardia che ha sospeso l'attuale Patto di stabilità. E finora i negoziati sulla sua riforma non hanno compiuto progressi significativi. Anzi, il tentativo di compromesso presentato dalla Commissione europea, che già deviava dalla proposta iniziale per andare incontro alle richieste della Germania e degli altri paesi 'frugali', è stato bocciato da Berlino e da altri dieci paesi con una lettera aperta pubblicata in coincidenza con l'Ecofin del 15 giugno scorso.

La riforma della governance macroeconomica dell'Unione sarà di nuovo sul tavolo dei ministri delle Finanze dell'Unione il 15 e 16 settembre. E in questa occasione Giorgetti intende riprendere la battaglia per un trattamento privilegiato degli investimenti rispetto alla spesa corrente. Opzione, quella dello scorporo delle spese per investimenti nella green e digital transition, che Bruxelles ha già escluso nella sua proposta di mediazione, certa che non sarebbe passata.

L'obiettivo, per il commissario all'Economia Paolo Gentiloni e per la presidenza spagnola del Consiglio dell'Unione, è comunque raggiungere un compromesso entro fine anno. Senza un accordo, l'opzione più probabile, visti i tempi stretti, sarebbe il ritorno alle vecchie regole: quindi, rapporto deficit/Pil al 3%, rapporto debito/Pil al 60%, con vincolo di ridurre il debito in eccesso di un ventesimo l'anno, senza il percorso di aggiustamento differenziato per paese previsto dal progetto di riforma della Commissione, né la possibilità di un allungamento dei tempi per gli Stati membri che hanno bisogno di maggiore flessibilità.

La campagna elettorale per le europee 2024 non faciliterà le cose. Anzi, con una Germania già alle prese con le proprie grane interne - per la seconda volta in recessione in tre anni - un'apertura alle richieste di flessibilità dei paesi del Sud sembra improbabile. Come ammesso dal ministro Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il PNRR, Raffaele Fitto, sempre dal meeting di CL, l'Italia rischia.

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