I bandi PNRR per l’idrogeno rischiano di non essere così efficaci?

Idrogeno - Foto di Gerd Altmann da PixabayI fondi del PNRR serviranno davvero ad avviare la produzione di idrogeno verde? Secondo alcuni operatori i bandi PNRR, in particolare quello per le hydrogen valleys, rischiano di non mettere sul piatto fondi sufficienti e i contributi potrebbero non rappresentare una vera opportunità per aziende e investitori. Ma il Ministero ha le mani legate per via dei vincoli imposti dalla Commissione europea. Una situazione cui si aggiunge la scarsa chiarezza normativa, con l’atto delegato sull’idrogeno verde ancora al palo.

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Il tema è spinoso e legato a diversi fattori. Il primo riguarda lo stato dell’arte della produzione di idrogeno da fonti rinnovabili che ad oggi non è sufficientemente avanzata da poter “andare sulle sue gambe”. Per dirla in modo più corretto, oggi l’idrogeno verde rappresenta un complemento allo sviluppo delle energie rinnovabili e all'elettrificazione, leve fondamentali per la decarbonizzazione di molti settori industriali. Ma, per questioni tecnologiche e di costi operativi, non è ancora la soluzione prioritaria per la transizione energetica.  

Un punto su cui concordano le istituzioni, le imprese leader del settore elettrico italiano e internazionale e gli esperti riuniti il 25 gennaio dal Webinar Technology Watch “L’idrogeno sostenibile per accelerare la transizione energetica”, organizzato da Elettricità Futura e CESI.

Un momento di confronto che ha sollevato questioni di rilievo e di non facile soluzione intorno al vettore energetico ma, soprattutto, intorno al modo in cui il PNRR sostiene gli investimenti delle imprese nella produzione di idrogeno verde. 

Quanti fondi PNRR ci sono per l’idrogeno?

Più di 3 miliardi: tanto mette sul piatto il Piano nazionale di ripresa e resilienza per sostenere lo sviluppo del vettore energetico in Italia. Fondi dedicati a una serie di investimenti, dall’utilizzo dell’idrogeno nei trasporti alla creazione di hydrogen valleys, aree industriali con economia in parte basata sul vettore energetico, fino all’utilizzo dell’idrogeno nei settori hard-to-abate, i settori industriali cioè che fanno più fatica a decarbonizzarsi. 

E’ proprio su questi ultimi due punti che, nel corso dell’incontro, i rappresentanti delle imprese hanno sollevato più dubbi. 

I bandi PNRR per l’idrogeno rischiano di non essere così efficaci?

Purtroppo sì, almeno ne sono convinti i rappresentanti delle imprese che hanno preso parte al webinar e ne è convinta Elettricità Futura, la principale associazione delle imprese che operano nel settore elettrico italiano.

Il mirino, dicevamo, punta su due investimenti previsti dal PNRR: quello per le hydrogen valleys da 450 milioni, per cui sono già partiti i bandi delle Regioni, responsabili di gestire i fondi PNRR dietro regia del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica; e i 2 miliardi che saranno presto resi disponibili per un altro bando, sempre a regia MASE, per l’utilizzo dell’idrogeno in settori hard-to-abate. 

“Accogliamo con favore il decreto pubblicato a fine dicembre scorso con cui il MASE ha reso noti i criteri di selezione per le aree industriali dismesse per realizzare le cosiddette Hydrogen Valleys, e sappiamo che è in dirittura d’arrivo anche il decreto per l’utilizzo di idrogeno nei settori hard to abate”, premette Agostino Re Rebaudengo, Presidente di Elettricità Futura e Vice Presidente Confindustria Energia con delega all'idrogeno, in apertura del webinar. Ma aggiunge: “I fondi del PNRR sono un primo passo per avviare la produzione di idrogeno verde. Rischiano però di essere pochi e troppo frazionati”. 

Perché?

Le ragioni della possibile inefficienza dei bandi PNRR per la produzione e l’utilizzo dell’iidrogeno verde sono diverse. 

Per dirla con le parole di Cosetta Viganò, Responsabile Affari Normativi e Regolari, Area Affari Tecnici di Elettricità Futura, negli strumenti messi in campo tramite i fondi PNRR “ci sono alcuni aspetti da aggiustare per non rischiare di limitare l’assegnazione delle risorse stanziate”.  

I due bandi PNRR (hydrogen valleys e hard-to-abate) “intervengono sui costi d’investimento ma non sono sufficienti a garantire la sostenibilità economica degli impianti”, spiega Viganò. 

Il problema di fondo è che gli impianti necessari per produrre idrogeno verde hanno costi operativi molto elevati. Per questa ragione, secondo la rappresentante di Elettricità Futura, gli schemi di sostegno dovrebbero prevedere anche “un’integrazione a livello di sostegno sugli OPEX”, quindi sulla spesa operativa, per permettere alla filiera di decollare.

Insomma, il paradosso è che non tutti i bandi PNRR possano effettivamente rappresentare delle possibilità per gli operatori privati.

Un paradosso sottolineato nel corso dell’incontro da Lorenzo Privitera, Head of Hydrogen Unit di A2A. “Il costo dell’energia elettrica rappresenta la parte più importante del costo di produzione dell’idrogeno, circa il 60%; la parte che viene coperta da un eventuale fondo perduto del PNRR è molto piccola e comunque non garantisce che il costo dell’idrogeno si abbassi in maniera sufficiente per essere indifferente all’utilizzatore finale”.  

Il grande rischio, insomma, “è quello di ritrovarsi con degli impianti finanziati” da fondi PNRR “che rimarrebbero fondamentalmente fermi”. 

C’è poi un’altra grande questione, quella dell’atto delegato UE che dovrà dare una definizione chiara e univoca di cosa si intende per idrogeno verde. Un documento fondamentale che gli operatori del settore aspettano da tempo ma che ancora non è stato finalizzato da Bruxelles. 

Il problema è proprio qui, come spiega Andrea Pisano, Head of Hydrogen Initiatives di Eni: “L’assenza di regole definite spaventa sia chi deve investire, sia chi deve realizzare i progetti”.

E si riflette ovviamente sulla volontà delle aziende di partecipare ai bandi PNRR. Nei bandi regionali per la creazione delle hydrogen valley, sottolinea Pisano, “si fa riferimento al futuro atto delegato UE in approvazione cui il soggetto proponente dovrà adeguarsi. Ciò rappresenta un elemento di estrema incertezza. Oggi disegnare dei progetti e renderli concreti è complicato”. 

Il Ministero dell’Ambiente? Ha le mani legate

Le questioni importanti sollevate dalle aziende trovano sponda in Mauro Mallone, Direttore generale incentivi energia del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. 

Mallone non ha dubbi sul fatto che prevedere un contributo in conto esercizio renda più interessante da parte degli operatori l’utilizzo dell’idrogeno, ad esempio nei settori hard-to-abate. Ma questo si scontra con la necessità di rispettare i vincoli dettati da Bruxelles

Ovviamente “è necessaria l’incentivazione se si vuole stimolare l’utilizzo di una tecnologia”, ma i livelli di incentivazione previsti dai bandi PNRR “non dipendono né dal nostro Paese né dal Ministero”. Si tratta di regole dettate dalla Commissione europea che dobbiamo rispettare. 

Mallone sposta quindi il dibattito su un altro aspetto: se Bruxelles vuole promuovere l’idrogeno dovrebbe forse allentare qualche vincolo? Probabilmente sì e la partita intorno all’atto delegato UE che definisce i criteri per cui l’idrogeno può essere qualificato come rinnovabile ne è la prova.  

Proprio l’assenza di un atto delegato con indicazioni chiare ha ritardato l’emanazione dei bandi PNRR per le hydrogen valley e per i settori hard-to-abate. 

“Se si vuole promuovere l’utilizzo dell’idrogeno, iniziare a mettere tanti vincoli”, che si uniscono a quelli legati agli aiuti di Stato rischia di rendere le ambizioni europee sul vettore energetico “poco coerenti”, conclude Mallone. 

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Foto di Gerd Altmann da Pixabay

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