Corte Conti UE: rischi da uso fondi europei Coesione per misure anticrisi

Corte Conti Europea - Photo credit: Cédric from Brussels, BelgiumL'esperienza della risposta UE alla pandemia di Covid-19 ha messo in luce che mobilitare i fondi strutturali europei per rispondere alle crisi può distogliere la Politica di Coesione dal suo obiettivo primario di riduzione dei divari tra le regioni dell'Unione e porre in secondo piano anche efficienza ed efficacia, a vantaggio del mero avanzamento della spesa.

Fondi europei: al via il gruppo di alto livello sul futuro della Politica di coesione

Attraverso l’Iniziativa di investimento in risposta al coronavirus (CRII) e l’Iniziativa di investimento in risposta al coronavirus Plus (CRII+) e, successivamente con l’Assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d’Europa (ReactEU), la Politica di Coesione 2014-2020 ha giocato, in tempi record, un ruolo chiave nella risposta UE alla crisi pandemica, ispirando un modello di flessibilità che nel ciclo 2021-27 renderà più semplice utilizzare i fondi strutturali europei per rispondere ad eventi imprevisti.

L'operazione, - di grande successo, per l'ingente mole di risorse mobilitate a sostegno del settore sanitario e per le misure anticrisi a favore di famiglie e imprese – comporta però, secondo l'ultima relazione speciale della Corte dei Conti europea, anche diversi rischi.

Cosa non funziona nell'uso dei fondi europei in chiave anticrisi

La relazione speciale 02/2023, dal titolo “Rispondere alla COVID-19 adattando le norme sulla politica di coesione – I fondi sono stati usati con più flessibilità, ma occorre riflettere sulla politica di coesione quale strumento di risposta alle crisi” arriva a seguito di due pareri che la Corte ha espresso sugli stessi temi, uno sulla CRII+ e uno su REACT-EU, e di un’analisi più generale sui rischi, le sfide e le opportunità della risposta di politica economica dell’UE alla crisi provocata dalla Covid-19. Le conclusioni degli auditor si basano anche su quanto emerso dalla relazione speciale relativa al finanziamento basato sulla performance nella Politica di Coesione e sull’analisi comparativa riguardante i finanziamenti dell’UE a titolo della Politica di Coesione e il Dispositivo per la ripresa e la resilienza.

L'insieme di questi studi ha spinto la Corte a lanciare un avvertimento sugli usi impropri dei fondi della Coesione, evidenziando diverse tipologie di rischio.

Il primo rilievo è di carattere generale: usare i fondi strutturali europei per misure anticrisi significa distoglierle dal loro fine primario. I fondi che vengono utilizzati per tamponare le emergenze di volta in volta più pressanti a livello nazionale non possono più essere usati per finanziare gli investimenti – in ricerca, innovazione, transizione verde, inclusione sociale, formazione, ecc – necessari per ridurre i divari territoriali che la Politica di Coesione si propone di affrontare.

Ciò significa che, da una parte, si perde il carattere di addizionalità delle risorse europee, che finiscono per coprire spese correnti in sostituzione dei bilanci nazionali (vedi vaccini e personale sanitario nel caso della crisi Covid), e, dall'altra, vengono fortemente ridimensionati gli stanziamenti per alcune priorità strategiche di medio e lungo termine. I trasferimenti di risorse tra ambiti di investimento, hanno osservato infatti gli auditor, sono andati soprattutto a favore dell’assistenza sanitaria (+80%) e del sostegno alle imprese (+16%), con un calo invece per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, l’energia e l’ambiente, l’inclusione, la ricerca e l’innovazione. E anche la previsione di destinare il 25% della dotazione finanziaria complessiva di ReactEU agli obiettivi climatici verrà probabilmente disattesa.

Tra l'altro, secondo la Corte, le iniziative CRII e CRII+ e REACT-EU hanno spostato risorse significative sulle regioni più sviluppate e in transizione (+1,8 miliardi di euro), anche se il target principale della Politica di Coesione sono quelle in ritardo di sviluppo.

C'è poi un'altra considerazione: le misure finanziate grazie alla riprogrammazione dei fondi UE 2014-2020 consentita da CRII e CRII Plus e grazie alle risorse REACT-EU sono state progettate e implementate con tempistiche strettissime, per rispettare il termine di spesa di fine 2023. Ciò ha comportato ritardi nell'avvio della programmazione dei fondi strutturali 2021-27 e ha accresciuto la pressione a spendere le risorse europee in fretta, anche laddove il rapporto costi-benefici potenzialmente non era ottimale. L'urgenza di far avanzare la spesa ha così messo in secondo piano gli obiettivi di efficienza ed efficacia.

“La reazione dell’UE ha reso più agevole l’impiego dei fondi di Coesione per aiutare gli Stati membri a fronteggiare le difficoltà economiche connesse alla COVID-19, anche se alcuni problemi già presenti potrebbero risultarne acuiti”, ha dichiarato Iliana Ivanova, il Membro della Corte che ha diretto l’audit. "Va ancora valutato con molta cura - ha sottolineato - se la Politica di Coesione dell’UE sia lo strumento di bilancio giusto per rispondere alle crisi".

Per approfondire: Pienamente operativi i fondi europei della Politica di Coesione 2021-27

Leggi la Relazione speciale 2/2023 della Corte dei Conti UE sulla Politica di Coesione

Photocredit: Cédric from Brussels, Belgium

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