Export, indagine Cespi: 9 imprese su 10 sono soddisfatte della Turchia

Sondaggio sulla Turchia: Photocredit: jorono da Pixabay Sono stati presentati a inizio settimana i risultati del sondaggio commissionato dal Cespi sull’opinione che le imprese italiane, che operano in Turchia, hanno del Paese anatolico: 9 su 10 la consiglierebbe. Ecco perché.

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Mercato interno solido, hub strategico per operare nei paesi limitrofi e valide politiche governative a sostegno degli investimenti esteri.

Sono questi i principali aspetti positivi della Turchia, evidenziati dalle imprese italiane intervistate dall'Istituto Ixè per conto dell’Osservatorio Turchia del Centro studi di politica internazionale (CESPI).

I dati - presentati il 20 gennaio a Roma, nel corso di un Convegno promosso dal CESPI assieme allo Studio Legale Grimaldi, alla presenza dei rappresentanti di Farnesina, Ambasciata turca, Confindustria e ICE - sono stati raccolti su un campione significativo di 78 imprese italiane, su 560 che operano stabilmente nel Paese anatolico.

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Chi sono le imprese che operano in Turchia e perché il Paese anatolico piace ai nostri imprenditori

Con un interscambio commerciale che tra gennaio e novembre 2019 si è attestato sui 16,4 miliardi di euro (in contrazione rispetto all’anno precedente), le relazioni tra Italia e Turchia restano comunque caratterizzate da una crescente complementarietà dei sistemi di produzione e coinvolgono ormai oltre mille imprese italiane, di cui 560 stabilmente operanti nel Paese.

Ad essersi insediate in Turchia, nel corso degli anni sono state soprattutto le imprese dei servizi, della nautica e dei veicoli industriali, delle infrastrutture, dell’abbigliamento-tessile e dell'agroalimentare.

Settori che si ritrovano anche nel campione di 78 imprese intervistato da Ixè, di cui:

  • Il 56% produce direttamente in loco (parliamo soprattutto di aziende dell’automotive, dei servizi e dell'edilizia);
  • Una quota analoga (il 54%), largamente (21%) sovrapposta al segmento precedente, esporta verso la Turchia;
  • Mentre è più limitata la percentuale (31%) delle imprese che importano dal Paese anatolico. In quest’ultimo caso parliamo esclusivamente di beni (soprattutto tessile-abbigliamento, elettronica, medicale, trasporti).

Per il 90% delle imprese, la partnership italo-turca è “qualcosa di più di una semplice amicizia”. Il grado di soddisfazione delle aziende italiane che vi operano, del resto, è particolarmente elevato, come dimostrano i numeri del sondaggio. Per l’85% degli intervistati, infatti, il mercato turco è solido e sicuro. Un dato interessante, se si considera che per il 51% del campione quello turco è il mercato prevalente.

Ma la Turchia piace anche perchè viene usata come un “ponte” verso i paesi confinanti. Secondo l’80% delle imprese, inoltre, il posizionamento geopolitico turco è molto positivo per realizzare business nel Paese.

Soddisfazione più moderata, invece, viene manifestata nei confronti del sistema turco nel suo complesso:

  • Se infatti per l’87% delle imprese italiane che operano in Turchia, il sistema fiscale è giudicato adeguato;
  • La soddisfazione diminuisce al 74% per il sistema giuridico;
  • E cala al 59% per quello giudiziario.

Per quanto riguarda invece l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea, due imprese su tre lo riterrebbe un fattore positivo. Ad essere scettiche su tale prospettiva sono soprattutto, invece, le aziende che attualmente importano da questo Paese.

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Un paese che attrae investimenti esteri

A piacere, poi, è il sistema di misure a supporto degli investimenti esteri.  Nel complesso, infatti, agli occhi delle imprese italiane il sistema turco appare adeguato ad attrarre investimenti esteri. A pensarla così, sono i due terzi delle aziende intervistate.

Per il 79% delle imprese intervistate, poi, un fattore di grande attrattività - fortemente connesso al tema FDI - è quello rappresentato dai massicci investimenti infrastrutturali che la Turchia sta realizzando.

Del resto sul tema delle politiche in materia di investimenti esteri, la Turchia possiede una legge specifica che, tra le altre cose:

  • Pone sullo stesso piano delle imprese turche, gli investitori esteri;
  • Prevede la possibilità di avere una partecipazione straniera del 100% negli organi societari;
  • Consente l’esprorpiazione e la nazionalizzazine solo in caso di interesse pubblico e solo a fronte del pagamento del bene espropriato, a costi di mercato.

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Non è tutto oro quello che luccica

Permangono, comunque, alcune criticità che adombrano le prospettive per il futuro.

La maggior parte delle attuali incertezze economiche, infatti, restano quelle “tipiche di un paese in cui l’equilibrio politico è sempre andato di pari passo con quello economico”, si legge nel rapporto.

In tale contesto, l’attuale scenario nazionale ed internazionale pone sicuramente alcuni interrogativi. A spaventare sono infatti:

  • Le tensioni a livello regionale;
  • L'esposizione della Turchia in contesti di conflitto.

Ma anche le sanzioni applicate da Stati Uniti (e in maniera più moderata dall’UE) che - secondo metà degli intervistati - potrebbero ostacolare eventuali, ulteriori investimenti in Turchia, soprattutto da parte di quelle imprese che esportano verso il mercato turco.

Photocredit: jorono da Pixabay 

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