Tra PNRR e Just Transition Fund, che fine faranno i fondi europei per l’ex Ilva di Taranto

Foto di PixabayDa un lato c’è il miliardo di euro per il progetto di preindotto per l’ex Ilva, eliminato dal PNRR per l’incertezza sui tempi di spesa e realizzazione; dall’altro il progetto per l’impianto di desalinizzazione dello stabilimento di Taranto, che non può essere finanziato dal Just Transition Fund. Che fine faranno i fondi europei per l’ex Ilva?

Come cambia il PNRR?

Partiamo dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che nella sua versione iniziale stanziava per impianti come l’ex Ilva 2 miliardi. Si tratta di fondi per l’utilizzo dell’idrogeno in settori hard-to-abate, quei settori cioè caratterizzati da un utilizzo intenso di energia e difficili da decarbonizzare, non potendo ricorrere a un’immediata elettrificazione. 

Queste risorse sono state ripartite in due metà: 

  • 1 miliardo è andato sul bando per progetti che prevedano l’uso di idrogeno nei processi industriali, che si è chiuso il 30 giugno;
  • l’altro miliardo è andato a Dri d’Italia Spa, la società di Invitalia nata a febbraio 2022 per occuparsi della decarbonizzazione dell’ex Ilva. 

Come avevamo anticipato nei mesi scorsi, e come confermato dalla proposta di revisione del PNRR, il miliardo destinato a DRI Italia SpA per realizzare l’impianto per la produzione del cosiddetto preridotto non arriverà entro i tempi previsti

“Si tratta di un parziale definanziamento”, spiega il documento del Governo sulle proposte di modifica al Piano. “Pur confermando l’ambizione della misura e le sue prospettive, in considerazione della complessità del progetto DRI Italia SpA sotto il profilo industriale e sotto il profilo normativo ed amministrativo, si ritiene che lo stesso non sia compatibile con le tempistiche del Piano”. 

Che fine fanno questi fondi? Il documento ufficiale si limita ad assicurare il finanziamento del progetto a valere su altre fonti di finanziamento nazionale ma non specifica quali siano.

Un’indicazione è arrivata all’inizio del mese di agosto dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto nel suo intervento in audizione alla Commissione Ambiente della Camera. Come da attese, il miliardo per il progetto del preindotto dell’ex Ilva verrà recuperato con ogni probabilità dal Fondo sviluppo e coesione (FSC) che, a differenza del PNRR, non ha scadenza, trattandosi di risorse nazionali. “Io per primo ho chiesto lo spostamento”, spiega il ministro, “non c'è la certezza di riuscire a spendere tutto, in una realtà complicata, entro il 2026 (scadenza prevista dal PNRR, ndr), ma dove c'è l'impegno a farlo”.  

Non va meglio se si guarda ad altri fondi europei. Taranto, lo ricordiamo, è uno dei due territori (insieme al Sulcis in Sardegna) che accede ai fondi del Just Transition Fund, il Fondo per la transizione giusta che fornisce sostegno ai territori che devono fare fronte a gravi sfide socio-economiche derivanti dalla transizione verso la neutralità climatica. 

Per approfondire: Just Transition Fund in Italia: 1,2 miliardi per Taranto e Sulcis Iglesiente

Anche in questo caso nei giorni scorsi è arrivata una brutta notizia per il capoluogo pugliese. Rispondendo a un’interrogazione dell’eurodeputata Rosa D’Amato (Verdi), il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis ha fatto sapere che a Taranto “l’impianto di desalinizzazione non può essere finanziato nell’ambito del programma italiano relativo al Just Transition Fund”. Tale impianto, infatti, non sarebbe in linea con quanto previsto dal regolamento istitutivo del Fondo che non contempla la gestione delle risorse idriche tra le attività sostenute dal JTF.

Foto di Pixabay

Questo sito web utilizza i cookie! Acconsenti ai nostri cookie, se continui ad utilizzare questo sito web.