Le raccomandazioni per il futuro della Politica di Coesione nella relazione del Gruppo di alto livello

Politica di Coesione - European Union, 2024 - Photographer: Lukasz KobusGli esperti incaricati dalla Commissione europea di confrontarsi sul futuro della Politica di Coesione 2023 hanno completato il loro lavoro. Le conclusioni sono raccolte in un report che fornisce un'indicazione chiara per i fondi strutturali europei post 2027: la Politica di Coesione dovrà rinnovarsi nei suoi meccanismi per tornare a mettere al centro la sua missione di strumento per lo sviluppo economico e per il contrasto ai divari tra i territori e tra le persone.

Fondi europei: al via il gruppo di alto livello sul futuro della Politica di Coesione

La relazione del gruppo di specialisti guidato dal professor Andres Rodriguez-Pose della London School of Economics arriva dopo dieci incontri nell'arco di un anno e precede la nona relazione sulla Politica di Coesione della Commissione europea, che farà da base, nella prossima legislatura, al processo di riforma dei fondi strutturali europei.

Le raccomandazioni strategiche del gruppo di alto livello sul futuro della Politica di Coesione prendono atto degli esiti delle precedenti relazioni della Commissione, in particolare dell'ottava, affrontando tutti i nodi critici emersi in questi anni: la complessità burocratica, i limiti di efficacia, la tendenza ad utilizzare i fondi strutturali per gestire crisi ed emergenze, mentre, nonostante le ingenti risorse mobilitate, la crescita nelle regioni europee ristagna o addirittura arretra.

Di fronte a questo quadro, la strategia indicata dagli esperti è bifronte: da una parte recuperare la mission della Politica di Coesione; dall'altra rinnovare i suoi meccanismi per adattarla alle nuove sfide. Prima fra tutte, il declino di competitività di un'economia europea che negli ultimi tre decenni ha perso notevolmente peso sulla scena mondiale, riducendosi da più di un quarto dell’economia globale a meno del 17%.

Quale mission per la Politica di Coesione?

Dalla riforma dei fondi strutturali del 1989 molte cose sono cambiate. La Politica di Coesione è diventata la più completa e avanzata forma di approccio allo sviluppo territoriale a livello globale, capace di ispirare iniziative analoghe in tutto il mondo, ma allo stesso tempo è stata sopraffatta da un'epoca di policrisi che ha richiesto frequenti e rapidi adattamenti delle regole di funzionamento dei fondi europei per facilitarne un utilizzo più flessibile in territori alle prese, di volta in volta, con il Covid, con la guerra in Ucraina, con la crisi energetica.

Per gli esperti, è tempo di ricentrarsi sulla missione originaria: la Politica di Coesione serve a colmare i divari di sviluppo, ad affrontare la povertà e a migliorare la capacità dei territori di sfruttare appieno le proprie potenzialità, le proprie risorse e il proprio bacino di talenti.

Quale Politica di Coesione per la crescita dell'UE?

Questo ritorno alle origini richiede però allo stesso tempo di andare oltre il “business as usual”, ripensando uno strumento di sostegno che attualmente pone molta enfasi sulla conformità per farne una potente leva di sviluppo economico e sociale, che diffonde benefici concreti soprattutto nelle regioni meno sviluppate, in quelle che si trovano nelle trappole dello sviluppo o che rischiano di cadervi. Per questo serve una Politica di coesione maggiormente basata sulla performance e più attenta ai risultati, anche attraverso procedure più semplici che possono contribuire a razionalizzare le pratiche burocratiche e a migliorare l’efficienza.

Le indicazioni fornite dagli esperti per questo ripensamento ricalcano per molti aspetti le richieste della Conferenza delle Regioni, che sul futuro della Politica di Coesione si è già espressa con una sua relazione a fine novembre. Tra queste, l'abbandono dell'approccio one fits all, per andare verso una Politica di Coesione maggiormente “place and people-based”, quindi basata sulle esigenze dei luoghi e delle persone, attraverso “strategie personalizzate” per le regioni e per intervenire soprattutto nei luoghi in cui le persone sono più emarginate; l'investimento sulla capacità istituzionale, soprattutto a livello locale; il coinvolgimento delle parti interessate, applicando il principio di partenariato e rafforzando la governance multivello.

C'è poi il tema chiave dell'impatto del processo di allargamento dell'Unione sulla Politica di Coesione. La Politica di Coesione è fondamentale per affrontare le sfide economiche e di sviluppo cui devono far fronte i potenziali nuovi Stati membri dei Balcani occidentali e dell’Europa orientale, ma l'investimento nei Paesi nuovi aderenti non dovrebbe avvenire a spese delle attuali regioni target, anche considerando il potenziale impatto che l’allargamento avrà sulle regioni confinanti con i paesi candidati e in quelle più interessate dai cambiamenti della catena del valore globale a seguito dei futuri allargamenti.

Tutte queste indicazioni contribuiranno alla nona relazione sulla Politica di Coesione della Commissione europea, che farà da base per la riforma dei fondi strutturali europei nell'ambito del Quadro finanziario pluriennale 2028-2034. Un QFP che, raccomandano gli esperti, dovrebbe comunque tenere conto del tema della coesione economica, sociale e territoriale in maniera più trasversale, attraverso maggiori sinergie con altri programmi di finanziamento europei.

L’UE - sottolineano gli esperti - non può pensare di realizzare transizioni verdi, digitali o demografiche, ignorando che i benefici territoriali e i costi di attuazione di queste transizioni non sono uguali per tutti.

Per approfondire: In arrivo la Nona relazione sulla Politica di Coesione. Tempo di giudizi anche per il Recovery

Consulta la relazione del gruppo di alto livello sul futuro della Politica di Coesione "Forging a sustainable future together: cohesion for a competitive and inclusive Europe"

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