Dl Semplificazioni, Senato: via le consulenze per i professori universitari
Con l'apposizione del voto di fiducia sul maxiemendamento al dl Semplificazioni, il Senato ha approvato la conversione in legge del decreto. Salta in extremis l’emendamento sulle consulenze dei professori universitari, che aveva suscitato forti polemiche da parte dei professionisti.
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Con 157 voti a favore, il governo ha incassato la fiducia sulla conversione in legge del decreto Semplificazioni. Nella lunga maratona che in queste settimane ha portato all’approvazione di 200 emendamenti - confluiti poi in un unico maxi emendamento - il decreto voluto dal governo per semplificare e innovare digitalmente una parte del Paese è approdato adesso alla Camera dove dovrà essere approvato entro il 14 settembre.
Tra gli emendamenti più controversi figura senza dubbio quello sulle consulenze di docenti e ricercatori universitari. Un emendamento che sembrava certo e che invece, all’ultimo minuto, è stato stralciato. Causa la bufera che nei giorni scorsi si era abbattuta sul governo e complice anche il “no” della Ragioneria di Stato che ha paventato il rischio dell'aumento della spesa pubblica.
Esultano gli ordini professionali che temevano di veder fagocitata dai professori universitari una fetta importante del mercato delle consulenze e della progettazione.
Salta l'emendamento sugli incarichi extraistituzionali dei prof universitari
Non era piaciuto alle professioni l’emendamento presentato della Lega sulle consulenze da parte di professori e ricercatori a tempo pieno, indipendemente dalla retribuzione.
Il testo - poi saltato all’ultimo - avrebbe infatti permesso ai prof universitari di svolgere attività extraistituzionali realizzate in favore di soggetti pubblici o privati “purché prestate, quand'anche in maniera continuativa, non in regime di lavoro subordinato e in mancanza di un'organizzazione di mezzi e di persone preordinata al loro svolgimento”.
“Una decisione sconcertante”, avevano spiegato la Rete delle Professioni Tecniche (RPT) e il Comitato Unitario Professioni (CUP), che avrebbe consentito ”ai professori e ricercatori universitari di effettuare attività extra istituzionali senza alcun controllo da parte dell’Università di appartenenza e senza alcun limite di compenso. In palese contrasto con la normativa previgente che intende interpretare. Senza contare il fatto che si consente ad alcuni lavoratori di entrare nel mercato senza rispettare le regole e sottostare alle incombenze cui invece sono sottoposti i liberi professionisti ad esclusiva tutela della collettività".
Un tumore in parte condiviso anche dalla Ragioneria dello Stato che, infatti, ne ha disposto l’eliminazione in extremis. Secondo il Ministro dell'economia infatti l’emendamento, “comportando l’eliminazione di tutte le limitazioni allo svolgimento di attività extraistituzionali per i professori e i ricercatori, di fatto incentiva il ripristino del rapporto di lavoro a tempo pieno per coloro che avevano optato per il tempo definito proprio per conciliare l’attività didattica con quella extraistituzionale, con conseguenti maggiori e rilevanti costi a carico degli atenei e quindi della finanza pubblica. Peraltro - prosegue la Ragioneria - la disposizione avrebbe dato luogo a richieste emulative da parte di altri settori del pubblico impiego”.
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Norme sblocca-appalti per tutto il 2021
Sopravvive alla fiducia, invece, l’emendamento bipartisan che estende a tutto il 2021 le deroghe sul codice degli appalti. L’emendamento è il frutto di un lavoro di mediazione tra maggioranza e opposizione sul periodo di estensione delle deroghe al codice previste dal dl Semplificazioni, su cui le commissioni Affari costituzionali e Lavori pubblici hanno trovato la quadra del cerchio a fine agosto, optando per il 31 dicembre 2021.
Nella versione originale dell'emendamento proposto dalla Lega (con primo firmatario il senatore Luigi Augussori), infatti, l’estensione era stata proposta fino alla fine del 2023.
Alla fine, invece, opposizione e maggioranza hanno concordato come data quella del 31 dicembre 2021, allungando di sei mesi il periodo in cui resteranno in vigore tutte le deroghe sulle gare previste dal decreto.
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Affidamento diretto di servizi e forniture: la soglia scende a 75mila euro
Un’altra novità rilevante votata dal Senato e sopravvissuta alla fiducia è stata l’approvazione dell'emendamento che dimezza la soglia entro cui sarà possibile procedere con l'affidamento diretto degli appalti per forniture e servizi.
A comunicarlo nei giorni passati era stato lo stesso firmatario dell’emendamento, Agostino Santillo (M5S), commentando come la novità vada incontro alle esigenze dei professionisti, in particolare ingegneri e architetti. “Abbiamo previsto un abbassamento a 75mila euro della soglia per gli affidamenti diretti dei servizi di ingegneria e architettura”, illustra infatti Santillo, spiegando come la modifica “garantirà ai suddetti professionisti maggiori opportunità di mercato".
Edilizia privata: niente demolizioni-ricostruzioni in vaste parti delle città
Disco verde, infine, per l’emendamento più contestato, quello presentato da LEU, che delimita molto l’area entro cui possono essere eseguite demolizioni e ricostruzioni, anche con l’eventuale modifica dei volumi e delle sagome.
A suscitare le critiche da parte delle aziende non è stata solo la marcia indietro del governo sul fronte della rigenerazione urbana, ma anche il perimetro dell'emendamento di LEU. Il no alle procedure rapide per la rigenerazione, infatti, interessa le “zone omogenee A, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali”, così come i “centri e nuclei storici consolidati e ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico”.
Per operare in queste aree - indipendentemente dall’edificio- anziché un SCIA, sarà quindi necessario un permesso per costruire e il parere della Sovrintendenza.
“Veti politici che mettono a rischio il futuro dei nostri centri urbani, uno dei motori principali della nostra forza economica e sociale”, avevano tuonato nei giorni passati l’ANCE e Legambiente. “Invece di semplificare e avviare un grande piano di sostituzione edilizia e di rigenerazione di zone degradate dei nostri centri urbani - affermano il Presidente ANCE Gabriele Buia e il Vicepresidente di Legambiente, Edoardo Zanchini - si stanno riproponendo visioni retrograde e conservatrici che non tengono conto dei reali mutamenti e dei bisogni sociali ai quali occorre dare una risposta adeguata, nel rispetto del patrimonio storico-artistico e dell’ambiente”.
Il punto su cui si focalizzano le critiche è stato soprattutto quello del mancato efficientamento energetico di vaste porzioni delle città, minando in prospettiva anche l'impiego efficace delle risorse del Recovery fund che fanno del contrasto ai cambiamenti climatici, una delle direttrici cardini per utilizzare i fondi.
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