PNRR, raggiunti gli obiettivi di fine 2022, resta l'incognita sulla spesa
“Sono stati raggiunti i 55 obiettivi previsti dal PNRR per il secondo semestre 2022”, dichiara il ministro per gli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il PNRR Raffaele Fitto. La vera sfida ora riguarda altri obiettivi, tutt'altro che formali, legati alla capacità di spendere i fondi PNRR.
Il governo Meloni completa il lavoro sul PNRR per il 2022 centrando tutti i 55 obiettivi previsti per fine anno. Obiettivi formali cui è legata la rata da 19 miliardi.
Ad annunciarlo, il 28 dicembre, è il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto: “Questo risultato è il frutto di un importante lavoro di squadra impostato anche sulla base di un dialogo costruttivo attivato a livello politico con la Commissione Europea che ha consentito, tra l’altro, il superamento di alcune criticità connesse al raggiungimento di qualche obiettivo”.
Nel mese di gennaio “trasmetteremo al Parlamento, come previsto dalla normativa, la relazione semestrale sull’attuazione del PNRR”, aggiunge Fitto. E sempre a gennaio il Governo dovrebbe licenziare un provvedimento per accelerare ulteriormente la governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Nei prossimi mesi “saremo chiamati a fare scelte importanti e ad avviare la realizzazione degli interventi”, scrive il ministro su Twitter. Oltre i target 2022, infatti, c’è un’altra questione da affrontare che riguarda il raggiungimento degli obiettivi di spesa, diversi da quelli formali cui è legato il via libera alle rate PNRR. E su questo punto Fitto nei giorni scorsi si è detto decisamente meno ottimista: "Gli obiettivi di spesa legati al PNRR sono estremamente complessi da raggiungere entro fine anno”.
Gli obiettivi PNRR nel 2022
Se nel 2021 il Recovery Plan ha posto all’Italia 51 obiettivi da raggiungere tra milestone (obiettivi qualitativi) e target (obiettivi quantitativi), nel 2022 si raddoppia.
Gli obiettivi diventano 100 (45 nel primo semestre e 55 nel secondo) e anche i fondi europei da portare a casa aumentano: se la prima rata di fondi europei era di 24,1 miliardi, la seconda e la terza rata toccano in tutto quota 40 miliardi di euro (rispettivamente 21 e 19 miliardi).
Primo semestre
Nel primo semestre 2022 erano previsti 45 interventi, di cui 15 riforme e 30 investimenti. Obiettivi raggiunti a fine giugno, come testimonia la valutazione positiva da parte della Commissione per i pagamento della seconda rata da 21 miliardi.
Obiettivi che riguardano diverse riforme, da quella del pubblico impiego alle nuove misure per gli appalti pubblici. La richiesta di pagamento (inviata da Roma a fine giugno) prevede investimenti in settori chiave come la banda ultralarga, le attività di ricerca e innovazione, ma anche turismo, cultura, idrogeno, rigenerazione urbana e digitalizzazione delle scuole.
Tuttavia, l’approvazione di alcune misure legislative non è che il primo passo e richiede l’adozione di misure attuative. Un tema spinoso che, alla luce del cambio di Governo e della conseguente riorganizzazione dei Ministeri, potrebbe frenare ulteriormente la messa a terra degli investimenti e l’attuazione delle riforme PNRR.
Secondo semestre
Le difficoltà legate ai 55 obiettivi previsti per il secondo semestre 2022 erano legate a questioni di carattere politico e attuativo, visti anche i tempi stretti.
Il precedente governo aveva già centrato 25 obiettivi. L’Esecutivo guidato da Giorgia Meloni, in poco più di 60 giorni, ha chiuso il cerchio adottando 2 decreti legislativi, 12 decreti ministeriali e 3 interventi normativi previsti dalla legge di bilancio 2023.
Una partita vinta, come ha fatto sapere il Governo il 28 dicembre, ma giocata sul filo di lana.
Al fotofinish sono stati raggiunti i target previsti per le università che riguardavano ricercatori, posti letto e housing universitario.
Lo stesso si dica della trasformazione digitale, partita che si giocava sul Polo strategico nazionale (l'infrastruttura cloud che ospiterà i dati e i servizi delle pubbliche amministrazioni), sul completamento degli adempimenti legati all’Agenzia nazionale cybersecurity e sull’istituzione formale della società 3-I spa tra Inps, Inail e Istat che avrà il compito di sviluppare e gestire le soluzioni software a supporto della trasformazione digitale della PA e per l’attivazione del Transformation Office.
Centrati gli obiettivi anche per lavoro, con l’approvazione del piano nazionale contro il lavoro sommerso, e sanità, con il via libera alla riforma degli IRCCS (gli istituti di ricerca e cura a carattere scientifico) e le gare da 1,4 miliardi per la digitalizzazione della sanità con la stipula del contratti Consip conclusa il 21 dicembre.
Con il varo della manovra 2023 arriva anche il piano di rilancio delle competenze Stem e il dimensionamento scolastico, preceduto (prima di Natale) dalla riforma dell’orientamento.
Con l’approvazione nei giorni scorsi delle graduatorie del bando per lo sviluppo di reti di teleriscaldamento efficienti e di quello dedicato alle smart grid anche il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica chiude le scadenze in sospeso previste per fine anno.
Via libera nei tempi anche al pacchetto di riforme (semplificazione della pianificazione strategica delle autorità portuali) e di investimenti (come l’alta velocità sulle linee Napoli-Bari e Palermo-Catania) in capo al ministero delle Infrastrutture.
Infine, raggiunti entro fine anno anche le scadenze previste fronte fisco e giustizia.
Le difficoltà sulla spesa
Se gli obiettivi formali previsti per fine anno sono stati centrati nei tempi lo stesso non si può dire con certezza di altri obiettivi, più concreti, legati alla spesa dei fondi PNRR.
Malgrado la Nota di aggiornamento al DEF varata a settembre dal governo Draghi abbia rivisto al ribasso tali obiettivi, portandoli a 20 miliardi, il ministro Fitto il 21 dicembre ha ammesso che “dalle previsioni cui stiamo lavorando, c’è il timore che non sarà assolutamente raggiunto”. E nel festeggiare il raggiungimento degli obiettivi formali previsti per fine anno il ministro non ha fatto menzione degli obiettivi di spesa.
La vera sfida è proprio lì, nella necessità di accelerare la spesa dei fondi europei. Ed è proprio a tale difficoltà che si lega un nuovo decreto previsto per l’inizio del 2023.
Un decreto governance a gennaio
Atteso inizialmente per metà dicembre, il decreto per snellire ulteriormente la governance del PNRR e accelerare la spesa dei fondi europei dovrebbe arrivare a gennaio 2023.
“Sul PNRR vogliamo rapidamente definire un quadro di riferimento e questo avverrà nel mese di gennaio. Avvieremo un confronto, sulla base di una relazione dettagliata. Ed è chiaro che c’è bisogno di una visione, di una strategia, di un quadro di riferimento che evidenzi risorse disponibili ed obiettivi da raggiungere”, dichiarava Fitto il 21 dicembre.
Le incognite sul 2023 e l'idea di modificare il PNRR
L’intenzione del Governo sembrerebbe orientata ad evitare che i colli di bottiglia che si sono creati nel corso del 2022 e l'effetto congiunto di inflazione e rincari possano avere ripercussioni anche sul 2023.
Come ricostruiva Giorgio Santilli sul Sole 24 Ore a fine novembre, nei primi due anni gli obiettivi PNRR sono legati a riforme o investimenti relativamente semplici da realizzare. E' il caso delle ferrovie Napoli-Bari e Palermo-Catania: tutti gli appalti vanno assegnati entro fine anno ma si tratta di opere su cui si lavora da anni. Altri progetti invece vanno al rilento, si veda il caso asili nido.
Il dubbio che aleggia sul PNRR, insomma, non riguarda tanto la capacità di centrare gli obiettivi formali quanto la capacità di mettere a terra i fondi.
Ed è qui che entra in ballo un altro tema ricorrente delle ultime settimane: la possibilità o meno di cambiare il PNRR.
Su questo punto Raffaele Fitto il 21 dicembre è stato chiaro: “Non è che se apportiamo delle modifiche compiamo un reato perché non è modificabile: è la posizione anche di altri governi europei di diversi colori politici, è un tema molto complesso su cui nessuno di noi, a partire da me, ha la soluzione in tasca”.
Altri Paesi si sono già mossi in tal senso: nella giornata del 12 dicembre la Germania ha chiesto di modificare il suo PNRR e il Lussemburgo ha ottenuto l’ok di Bruxelles alla revisione del Piano. Ma in entrambi i casi si tratta di variazioni minime ai Recovery Plan. E non si tratta di un dettaglio irrilevante dal punto di vista del Governo italiano che, al contrario, sembrerebbe più orientato sulla strada di un cambiamento profondo del Piano.
Il Piano modificato dovrebbe fare perno su due assi. Il primo riguarda il problema degli extracosti che saranno quantificati con un lavoro fatto insieme alla Commissione UE procedendo misura per misura. E’ probabile che l’Esecutivo opterà per un taglio radicale di tutte quelle opere che, a causa dei rincari, potrebbero non essere realizzate nei tempi. “Noi guardiamo al 2026, non al prossimo semestre. Non possiamo concentrarci ogni volta sulla singola scadenza immediata”, spiega Fitto.
Il secondo asse di intervento si chiama REPowerEU o capitolo Energia del PNRR: in base all'accordo raggiunto a metà dicembre dalle istituzioni europee, i Paesi possono integrare i Piani nazionali di ripresa e resilienza per finanziare investimenti e riforme utili al raggiungimento degli obiettivi energetici del REPowerEU. Appunto quelle opere che il Governo Meloni vorrebbe avessero la priorità nel “nuovo” PNRR.
In realtà - come ricostruito in questo articolo - si tratta di una partita più complicata del previsto per il nostro Paese: la principale fonte di finanziamento del capitolo energia RepowerEU, infatti, è la quota non ancora sottoscritta di prestiti previsti dal Recovery, che per il nostro Paese è zero.