Incubatori – pochi investimenti in startup, e solo da privati

Incubatori - Photo credit: Mindaugas DanysSi trovano soprattutto nel Nord Italia, hanno natura privata e supportano startup con un significativo impatto sociale. Ma gli investimenti latitano e quelli pubblici sono del tutto assenti.

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Un qualsiasi rapporto sulle startup innovative in Italia dirà che gran parte di esse si trovano in Lombardia. Lo stesso si dica degli incubatori: quasi il 60% si trova in Italia settentrionale, di cui oltre il 25% in questa Regione.

Quel che colpisce (non positivamente) a guardare il primo report sull’impatto sociale degli incubatori e acceleratori italiani è piuttosto la carenza di investimenti in startup: meno di un quarto degli incubatori ha investito capitale di rischio nelle organizzazioni incubate. Vediamo l’analisi nel dettaglio.

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Dove si trovano gli incubatori italiani

Quasi il 60% della popolazione di incubatori si trova in Italia settentrionale. La Lombardia è la Regione che ne ospita di più, il 25,3% del totale, seguita dalla Toscana (9,9%) e dall’Emilia-Romagna (9,3%).

Il Sud e le Isole, con il 17,9% degli incubatori, rappresenta invece la zona meno popolata da queste organizzazioni.

Anche usando come campione 382 startup incubate del 2016 in 32 diversi incubatori, si nota che quasi il 70% si trova in Italia settentrionale, in particolare più del 50% nelle regioni del Nord-Ovest. Anche in questo caso la Lombardia è la Regione in cui si è costituito il maggior numero di startup, il 31,9% del totale, seguita dal Piemonte (15,2%) e dal Lazio (8,1%).

AngelList – la community di riferimento per startup e investitori

E’ quanto emerge dall’analisi sviluppata dal team di ricerca Social Innovation Monitor (SIM) del Politecnico di Torino, in collaborazione con Italia Startup e con il supporto di Cariplo Factory, Compagnia di San Paolo, Impact Hub Milano, Make a Cube, SocialFare, e Social Innovation Teams (SIT).

La ricerca si basa su un questionario inviato a 162 incubatori individuati sul territorio italiano (con il termine incubatore si fa riferimento anche ad acceleratori e spazi di coworking che offrono accompagnamento manageriale e/o formazione imprenditoriale). Lo studio ha come obiettivo la realizzazione di una mappatura aggiornata a livello nazionale delle attività di incubazione.

Incubatori pubblici: una minoranza che non investe nelle startup

Per quanto concerne la natura giuridica, più del 60% degli incubatori ha natura privata, mentre solo il 15,4% ha natura pubblica. Circa un quinto degli incubatori possiede invece una compagine sociale che include soggetti sia pubblici che privati.

Il dato tutt’altro che rincuorante, riguarda gli investimenti: meno di un quarto degli incubatori ha investito capitale di rischio nelle organizzazioni incubate. In particolare, non c’è stato alcun investimento da parte degli incubatori pubblici, mentre il 42,2% di incubatori privati ha effettuato investimenti.

Fatturato degli incubatori e profilo delle startup incubate

Per quanto riguarda il fatturato, in media gli incubatori nel 2016 hanno raggiunto ricavi pari a 1,13 milioni di euro. Questo dato è tuttavia influenzato da un numero limitato di organizzazioni di grandi dimensioni; infatti circa la metà degli incubatori ha avuto un fatturato inferiore a 250mila euro. A partire dai dati raccolti è stato possibile effettuare una stima del fatturato totale nel settore dell’incubazione in Italia, che si aggira intorno ai 183 milioni di euro.

Quanto alle 382 startup incubate del 2016 in 32 diversi incubatori, analizzate nel report, circa il 40% delle startup opera in servizi di informazione e comunicazione, mentre il secondo settore più rappresentato è legato ad attività professionali, scientifiche e tecniche (25,8%).

In termini di età i dati indicano come solo il 12% di esse aveva più di 3 anni nel 2016. Più del 90% si sono costituite sotto forma di S.r.l.

Il ruolo delle startup a impatto sociale

Più della metà degli incubatori ha supportato organizzazioni a significativo impatto sociale. Analizzando i settori di appartenenza di queste organizzazioni, quello più rappresentato è legato alla cultura, alle arti e all’artigianato, mentre al secondo posto si trova il settore che include le organizzazioni che operano in ambiti legati alla salute e al benessere (18%).

Andando ad analizzare nel dettaglio gli incubatori che basano la propria mission sul supporto a organizzazioni a impatto sociale emerge che, in media, circa il 60% delle organizzazioni incubate è composto da imprese ibride. Per imprese ibride si intendono le imprese che, pur essendo for-profit, destinano parte degli utili a scopi sociali o hanno esplicitamente tra i propri target degli obiettivi sociali.

Per quanto riguarda il fatturato medio, quello delle startup a significativo impatto sociale, rispetto a quelle che non lo sono, è di poco inferiore (123mila euro contro i 127mila della controparte), tuttavia il numero di dipendenti medio risulta essere più elevato (2,6 contro 1,7).

Quanto alle motivazioni che hanno spinto alcuni incubatori a non supportare organizzazioni a impatto sociale emerge come più dei due terzi di essi ha dichiarato che nessuna organizzazione di questo tipo ha presentato la richiesta di incubazione oppure non possedevano i requisiti minimi per essere accettate. Inoltre, in più del 30% dei casi tali incubatori hanno dichiarato che la motivazione è stata legata all’incompatibilità con la loro mission.

La specializzazione sociale potrebbe essere un elemento di differenziazione per il nostro Paese

Secondo il professor Paolo Landoni del Politecnico di Torino, coordinatore della ricerca “Gli incubatori italiani stanno crescendo e diversificandosi sia in termini di settori sia in termini di modelli di business. Particolarmente interessante è la scelta di un numero crescente di incubatori di focalizzarsi su imprese a significativo impatto sociale. Una specializzazione su questa tipologia di imprese e di incubatori potrebbe essere un elemento efficace di differenziazione per il nostro Paese”.

“Negli ultimi anni è cresciuta sempre più un’attenzione all’imprenditorialità come motore di sviluppo economico e sociale e, di conseguenza, alle attività di supporto ad essa connesse. Un ambito particolarmente importante in questo senso è quello delle attività di incubazione e accelerazione d’impresa, un settore in crescita e in evoluzione”, afferma Marco Bicocchi Pichi, presidente di Italia Startup.

> Report sull'impatto sociale di incubatori e acceleratori italiani

Photo credit: Mindaugas Danys

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