Lobby - Trasparenza e regole nell'Ue e negli Stati Membri

Negli Stati membri il livello di trasparenza nei rapporti con le lobby è ancora molto differenziato, mentre l'Ue si muove verso un registro obbligatorio

Registro trasparenza lobby

Lobby – Bruxelles vuole registro trasparenza obbligatorio

Lobby – MISE lancia registro trasparenza

L'Unione europea ha da tempo avviato un processo di trasparenza sulle lobby rendendo accessibile la lista dei gruppi di interesse che direttamente ed indirettamente intervengono nel processo decisionale europeo.

Come evidenzia uno studio realizzato nel 2016 da Marie Thiel ed Elisabeth Bauer per conto del PE, a dotarsi per primo di un Transparency Register è stato il Parlamento europeo già nel 1995, seguito con un'iniziativa analoga dalla Commissione europea nel 2008.

I due registri sono poi confluiti nel 2011 in un unico 'European Transparency Register' che dal 2014, con l'inizio del mandato del presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker, è stato sostanzialmente revisionato in modo da includere anche informazioni circa le principali riunioni dei commissari, dei loro membri di gabinetto e dei direttori generali con i lobbisti.

La registrazione è aperta a diversi gruppi e soggetti e prevede l'esplicitazione del campo di interesse, oltre a vincolare chi si registra a sottoscrivere un codice di condotta.

Dal momento che l'iscrizione al registro avviene ancora su base volontaria, il Parlamento Ue ha richiesto alla Commissione europea di rivedere il sistema per rendere in futuro la registrazione obbligatoria.

Il processo di revisione è stato avviato dall'Esecutuvo Ue con una consultazione pubblica lanciata tra aprile e maggio 2016, i cui risultati costituiscono la base della proposta sottoposta al Parlamento e al Consiglio dei ministri dell'Unione.

Lo stato dell'arte

Ma come avviene ed è regolamentato il rapporto con le lobby nei singoli Stati membri? A questa domanda risponde un'altra indagine del Parlamento europeo, 'Regulation Of Lobbying Across The EU', a cura di Eulalia Claros Gimenos e Kristina Grosek, che tiene conto di tre parametri fondamentali riscontrabili nei diversi Stati, cioè l'esistenza di una legislazione nazionale apposita, di un codice di condotta e di un registro dei lobbisti.

Naturalmente l'analisi e i grafici restituiscono situazioni molto differenti nel confronto tra i Paesi Ue, ma il dato più interessante che emerge dal testo è che il problema della regolamentazione è una questione recente, basti pensare alla Francia, dove la legislazione in materia è entrata in vigore nel 2016.

Oggi solo otto Stati membri su 28 - Austria, Francia, Germania, Irlanda, Lituania, Polonia, Regno Unito e Slovenia - si sono dotati di una legislazione o comunque di una regolamentazione ad hoc (soft legislation) in materia. Interessante il dato sui codici di condotta dei lobbisti, che solo nel caso di Austria, Francia, Irlanda e Slovenia vengono normati da regolamentazioni nazionali, mentre in molti casi sono assenti o fanno riferimento a codici di autoregolamentazione interni alla categoria dei lobbisti.

E' interessante poi notare che undici Stati membri, tra cui Belgio, Danimarca e Svezia, non hanno alcuna legislazione o codice di condotta, né hanno istituito registri della trasparenza, affidando evidentemente ad altri meccanismi di tracciabilità e accountability le relazioni con i gruppi di portatori di interessi.

Infine, c'è il caso dell'Italia, che demanda il codice di condotta all'autoregolamentazione delle lobby e vede i singoli Ministeri decidere in autonomia se dotarsi o meno di registri per la trasparenza.

In Italia, inoltre, alcune Regioni si sono dotate di una regolamentazione autonoma, ma non esiste ancora una normativa nazionale in materia, nonostante i diversi tentativi avviati negli anni a livello parlamentare.

Lobby: voglia di trasparenza

Photo credit: HonestReporting

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