Cina – Consiglio UE, ok nuovo metodo per calcolo dumping

Trade - Photo credit: storyvillegirl via Foter.com / CC BY-SA Gli Stati membri - Italia inclusa - trovano una posizione comune sulla revisione del Regolamento antidumping UE.

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Il Consiglio dei ministri dell'UE ha adottato ieri, a Bruxelles, una posizione comune sulla nuova metodologia per il calcolo dei dazi nelle indagini antidumping. Anche l'Italia, dopo una ferma opposizione, ha dato il suo via libera. A questo punto, si avvia la fase di negoziazione con il Parlamento europeo che si concluderà, plausibilmente, con l'adozione del provvedimento.

Revisione Regolamento antidumping: la proposta della Commissione

La Commissione europea si è trovata nella necessità di rivedere il Regolamento base antidumping dell'UE a novembre 2016, per poter continuare a difendere la propria economia e la propria industria nel rispetto degli obblighi internazionali, in vista della scadenza, un mese più tardi, di una disposizione transitoria contenuta nel protocollo d'adesione della Cina all'OMC (Organizzazione mondiale del commercio), che aveva fino a quel momento permesso ai partner commerciali di Pechino di difendersi efficacemente dalla pratica del dumping cinese.

Elemento cardine della proposta iniziale dell'Esecutivo UE è l'esclusione della distinzione tra economie di mercato ed economie non di mercato, che viene sostituita con quella tra Paesi membri OMC, cui si applica, in caso di dumping, la metodologia di calcolo standard, e Paesi non membri OMC, cui si può applicare la “metodologia di calcolo del Paese analogo".

Per i membri dell'Organizzazione - Cina inclusa - che presentino "significative distorsioni di mercato" la proposta di Bruxelles prevede, invece, la possibilità di applicare una metodologia ancora diversa, simile a quella in uso negli Stati Uniti. Si tratta, in sostanza, di una soluzione Country-neutral, nella quale la Cina è equiparata a qualsiasi altro membro OMC.

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Elementi base del compromesso del Consiglio UE

La posizione adottata ieri, si legge nella nota ufficiale del Consiglio UE, riflette in larga misura i principi fondamentali formulati dalla Commissione nella sua proposta di novembre 2016. In particolare, il testo stabilisce un “elenco non esaustivo” di criteri da utilizzare “per identificare significative distorsioni di mercato” in un qualsiasi Paese. Ovvero:

  • influenza da parte dello Stato,
  • presenza diffusa di imprese statali,
  • discriminazione delle imprese straniere, a favore di quelle nazionali,
  • mancanza di indipendenza del settore finanziario,
  • applicazione inadeguata delle leggi fallimentari, societarie o immobiliari.

Quando verrà riscontrata una distorsione significativa nel Paese esportatore, dunque, la Commissione sarà in grado di correggerla, imponendo per il prodotto oggetto di dumping un prezzo basato, alternativamente, sui prezzi di produzione e di vendita in un Paese con livelli simili di sviluppo economico o su adeguati costi e prezzi internazionali non distorti.

La Commissione elaborerà, inoltre, relazioni specifiche su Paesi e settori per descrivere le distorsioni presenti. In linea con la prassi attuale, infine, sarà in capo alle imprese dell'Unione europea il compito di presentare le denunce, ma con la differenza che adesso potranno utilizzare i rapporti della Commissione per sostenere il proprio caso.

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La posizione dell'Italia

Dopo la ferma opposizione delle scorse settimane, l'Italia ha dato il via libera alla posizione di compromesso. L'iniziale veto di Roma era da attribuire alla scarsa tutela degli interessi del comparto manifatturiero.

Si tratta, recita la nota dedicata alla questione dal Ministero dello sviluppo economico, di “uno dei dossier più critici e delicati affrontati recentemente a Bruxelles, che ha degli evidenti effetti sull’industria italiana ed europea”. E' per questo motivo, dunque, che “l'Italia per prima, ed a lungo conducendo una battaglia di avanguardia, si è impegnata per fare in modo che i rilevanti interessi in gioco fossero adeguatamente tutelati”.

A seguito di tale opposizione, si legge ancora nella nota del MISE, la proposta iniziale della Commissione “è stata rafforzata in uno dei punti più contesi e qualificanti, ovvero i criteri che definiscono le distorsioni significative, su cui poggia il nuovo sistema di calcolo delle distorsioni del mercato”.

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E rispetto al compromesso raggiunto ieri, il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda ha spiegato che “la flessibilità ottenuta dalla Presidenza maltese e dalla Commissione ha consentito di integrare nel testo l’importante linea rossa italiana del riferimento ai 5 criteri per la concessione del MES e di rafforzare la struttura di base del nuovo sistema avvicinandolo più significativamente al modello dei maggiori partner internazionali”.

E' dunque alla luce di questi progressi che, ha continuato Calenda, “si è ritenuto di accettare una soluzione che viene incontro in modo significativo alla proposta italiana ma che presenta ancora margini di miglioramento”. Miglioramenti che l'Italia spera possano essere raggiunti “nell’ambito del negoziato con il Parlamento europeo”.

L’obiettivo finale è che la normativa antidumping, così come verrà ridisegnata, possa migliorare o, almeno, mantenere inalterata la propria “efficacia nella lotta alle pratiche sleali”. “Non si tratta di protezionismo - ha concluso il ministro - ma di garantire che il commercio internazionale si sviluppi secondo regole eque e condivise: condizione essenziale affinché il commercio stesso sia motore di crescita ed occupazione”.

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