Non solo termovalorizzatore, a Roma il primo impianto Waste to Hydrogen al mondo

Rifiuti Roma - Foto di Tom FiskMentre i riflettori sono puntati sul bando per progettare il termovalorizzatore della capitale, c’è anche un altro progetto, meno noto ma non meno importante, destinato a trasformare i rifiuti non riciclabili in energia e vede sempre al centro Roma. Si tratta del primo impianto Waste to Hydrogen al mondo.

Dai rifiuti alla simbiosi industriale: così l’economia circolare può aiutare a risolvere la crisi energetica

Con l’avvio del mese di dicembre è partita la corsa per realizzare il termovalorizzatore di Roma

L’avviso pubblicato dal Campidoglio riguarda nel dettaglio la progettazione, l’autorizzazione all’esercizio, la costruzione e la gestione di un impianto di termovalorizzazione nell’area industriale di Santa Palomba e degli impianti “ancillari” o impianti satellite, quelli cioè deputati alla gestione delle ceneri residue dal trattamento termico. 

Bando in scadenza il 1° marzo e al termine del quale verrà scelta la proposta progettuale considerata migliore sulla base di criteri che per l’80% tengono conto dell’aspetto tecnico e, per il restante 20%, dell’aspetto economico.

L’impianto gestirà 600mila tonnellate di rifiuti indifferenziati l’anno e dovrebbe essere completato nel 2026.

Ma il termovalorizzatore non è il solo progetto su Roma per dare una seconda vita ai rifiuti che non possono più essere destinati a riciclo. Ce n’è un altro meno noto ma non per questo meno importante. Anzi. 

NextChem realizza a Roma il primo impianto Waste to Hydrogen al mondo

L’altro progetto per dare nuova vita ai rifiuti romani mette al centro due fattori: l’idrogeno e la chimica verde. 

Si tratta del progetto di NextChem S.p.A (controllata del gruppo Maire Tecnimont) che ha avuto accesso a 194 milioni di fondi europei dell’IPCEI Hy2Use per lo sviluppo di un impianto waste-to-hydrogen. 

In pratica, creerà la prima hydrogen valley in Italia a partire dai rifiuti solidi non più riciclabili, quelli sottratti all’incenerimento o all’immissione in discarica, come spiegava Giacomo Rispoli, amministratore Delegato di MyRechemical srl (Gruppo Nexchem) nel corso della “Tavola rotonda sulla strategia europea dell’idrogeno” organizzata dalla rappresentanza in Italia della Commissione Europea e GR.A.N.D. (Green Academy for the new deal). 

L’impianto sorgerà in un’area industriale dismessa, avrà una durata di 5 anni e dovrebbe essere attivo nel 2027, praticamente (se la tabella di marcia di entrambi i progetti sarà rispettata) dovrebbe partire insieme al termovalorizzatore romano. 

Nella fase iniziale il progetto di NextChem prevede la produzione di 1.500 tonnellate/anno di idrogeno e 55.000 tonnellate/anno di etanolo. La produzione di idrogeno crescerà in funzione dell’evoluzione della domanda, fino a 20.000 tonnellate annue, riducendo proporzionalmente i volumi di etanolo. 

La tecnologia proprietaria di NextChem, sviluppata dalla propria controllata MyRechemical, permetterà di utilizzare come materia prima 200.000 tonnellate/anno di rifiuti solidi non riciclabili, dando così un contributo anche alla chiusura del ciclo dei rifiuti romani attraverso un processo di conversione con una riduzione significativa delle emissioni totali di CO2.

Il progetto europeo include inoltre un contributo di circa 4 milioni di euro destinati ad attività di ricerca per ulteriori sviluppi della tecnologia waste-to-hydrogen, avvalendosi di partner scientifici tra cui Enea, Fondazione Bruno Kessler ed Università La Sapienza di Roma.

Il ruolo del partenariato pubblico privato per il settore rifiuti 

Al di là dei singoli progetti da avviare o già finanziati e anche andando al di là della capitale, la gestione dei rifiuti e i progetti di economia circolare che permettono di dare seconda vita agli scarti potrebbero essere ulteriormente stimolati da un più diffuso ricorso al partenariato pubblico privato. 

Il ricorso alla partnership pubblico-privata, seppur con differenti metodologie attuative, può essere previsto in tutti i casi in cui una pubblica amministrazione intenda affidare a un operatore privato l’attuazione di un progetto per realizzare opere pubbliche o di pubblica utilità e per la gestione dei relativi servizi nell’ambito di una cooperazione di lungo termine.

Si tratta di una formula che si sta diffondendo timidamente in Italia e che porta con sé una serie di vantaggi. In primis, la possibilità di attrarre investimenti privati con effetti positivi sulla ripresa in aggiunta agli investimenti pubblici, il cosiddetto effetto leva.

I PPP possono essere utilizzati quando il ricorso a capitali, risorse e/o know how dei privati può comportare benefici per la PA e per gli utenti finali dei servizi: il partenariato perfetto infatti è in grado di catalizzare competenze e professionalità spesso indispensabili per la messa a terra di un investimento e che possono fare la differenza nella sua riuscita. 

Partenariato pubblico privato: guida in 100 domande e risposte 

Le caratteristiche dei partenariati pubblico-privati rendono tale strumento particolarmente adatto ad essere impiegato nei progetti d’investimento previsti dal PNRR, come evidenziato anche dall’ANAC a settembre

Un esempio in tal senso dovrebbe venire (ma il condizionale è d'obbligo) dai progetti finanziati tramite l’avviso PNRR da 1 miliardo e mezzo per realizzare nuovi impianti di gestione dei rifiuti e l’ammodernamento di quelli esistenti rivolto a Enti di Governo d'Ambito Territoriale Ottimale o, laddove questi non siano stati costituiti, ai Comuni.

Il bando - lo ricordiamo - finanzia interventi volti al miglioramento e alla meccanizzazione, anche digitale, della rete di raccolta differenziata dei rifiuti urbani tramite tre linee d’intervento: 

  • Linea A - Miglioramento e meccanizzazione della rete di raccolta differenziata;
  • Linea B - Ammodernamento (anche con ampliamento di impianti esistenti) e realizzazione di nuovi impianti di trattamento/riciclo dei rifiuti urbani provenienti dalla raccolta differenziata;
  • Linea C - Ammodernamento (anche con ampliamento di impianti esistenti) e realizzazione di nuovi impianti innovativi di trattamento/riciclaggio per lo smaltimento di materiali assorbenti ad uso personale (PAD), i fanghi di acque reflue, i rifiuti di pelletteria e i rifiuti tessili.

Per tutte le linee di intervento incluse nell’investimento si prevede che entro il 31 dicembre 2023, a pena di revoca del finanziamento, i destinatari delle risorse dovranno aver individuato i soggetti realizzatori di ciascun intervento oggetto della proposta ammessa a finanziamento. Ciò potrà avvenire anche mediante l’affidamento di contratti di partenariato pubblico privato mediante finanza di progetto.

Se partenariati e project finance saranno le formule cui EGATO e Comuni ricorreranno è ancora troppo presto per dirlo: la graduatoria dei progetti presentati a valere sull’Intervento 1.1 del bando PNRR per l’economia circolare, infatti, è stata approvata solo il 2 dicembre.  

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