Bilancio UE - le anticipazioni della Commissione sulla Politica di Coesione post 2020

Politica di CoesioneTagli tra il 5 e il 10%, aumento dei cofinanziamenti nazionali, nuovi indicatori per la ripartizione dei fondi europei. Sono alcune delle proposte su cui la Commissione si sta orientando per la Politica di Coesione post 2020, secondo quanto anticipato da Nicola De Michelis, capo gabinetto della commissaria per le politiche regionali Corina Cretu.

Bilancio UE post 2020: quale futuro per la Politica di Coesione

A dieci giorni dalla presentazione delle proposte della Commissione europea sul Quadro Finanziario Pluriennale post-2020, attese per il 2 maggio, la Rappresentanza in Italia dell'Esecutivo UE, insieme all'Ufficio di informazione in Italia del PE, ha promosso una conferenza dedicata al futuro della Politica di Coesione.

La sfida di fare di più con meno

La Politica di Coesione è pilastro dell'Unione e il volto della solidarietà europea, che si realizza in numerosi ambiti di intervento, come dimostrano gli aiuti ricevuti dall'Italia per gli eventi sismici o per il cofinanziamento del Grande progetto Pompei, ha dichiarato il capo della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, Beatrice Covassi, aprendo i lavori della mattinata.

Le conseguenze della perdita del Regno Unito, che sono stimate tra i 10 e i 12 miliardi di euro l'anno, e le nuove sfide che il bilancio europeo è chiamato ad affrontare - legate alla sicurezza, alla pressione migratoria, alla globalizzazione e alla digitalizzazione - costringono però l'UE a fare di più con meno e impongono una riflessione sulle nostre priorità politiche, ha sottolineato.

In vista del 2 maggio, quando saranno presentate le proposte per il prossimo Quadro finanziario pluriennale, la Commissione ha già fornito alcune importanti indicazioni, ha ricordato la numero uno della Rappresentanza. La comunicazione sul futuro bilancio dell'Unione pubblicata a febbraio prevede infatti, per ciascuna delle priorità dell'Unione, diverse stime degli impegni finanziari e rende evidente che ad ogni decisione sugli stanziamenti corrisponderanno diversi livelli di ambizione dell'intervento UE.

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Verso l'aumento del cofinanziamento nazionale

Il terremoto politico che in questi anni ha scosso l'Europa, dalla Brexit ai risultati elettorali che in molti Stati membri hanno interrogato la capacità dell'UE di rispondere alle esigenze dei cittadini, è il punto di partenza del lavoro della Commissione sulla prossima Politica di Coesione, ha spiegato Nicola De Michelis, capo gabinetto della commissaria per le politiche regionali Corina Cretu.

La Settima relazione sulla Politica di Coesione ha inoltre reso evidente che anche territori molto sviluppati stanno subendo le conseguenze della globalizzazione e hanno bisogno di sostegno per realizzare processi di transizione industriale e recuperare competitività, ha aggiunto.

A fronte di questo quadro la Commissione intende confermare un ruolo di primo piano per la Politica di Coesione, limitando i tagli tra il 5 e il 10 per cento rispetto alla dotazione attuale, ma prevedendo un aumento del cofinanziamento nazionale a fronte della riduzione dei tassi di cofinanziamento medi europei.

Nuovi criteri per la ripartizione dei fondi UE

Ulteriori novità dovrebbero arrivare sul fronte dei criteri di distribuzione delle risorse, ha detto De Michelis, anticipando che la Commissione si sta orientando per un mix di indicatori che vada ad integrare il parametro del reddito pro capite, in modo da riflettere il diverso equilibrio che si è creato tra i paesi dell'est e dell'ovest e le esigenze di territori che non sono adeguatamente rappresentati dal Pil.

Questi indicatori potranno dare conto dell'occupazione, del livello di povertà, dell'educazione, ma anche, ad esempio, degli investimenti in ricerca, delle emissioni di gas a effetto serra. In questo modo per l'Italia il peso relativo della Coesione potrebbe aumentare, anche se l'assetto finale dipenderà dalla conduzione del negoziato.

Sostegno ai processi di trasformazione industriale

Tra gli obiettivi prioritari della futura Politica di Coesione la Commissione europea intende porre il tema della trasformazione industriale delle regioni che hanno difficoltà a gestire la globalizzazione e l'evoluzione tecnologica. A questo fine è già stata promossa un'azione pilota, che serve da modello per testare forme di assistenza mirata per facilitare lo sviluppo di economie resilienti e a basse emissioni in questi territori.

Un patto tra Bruxelles e Stati membri per la gestione dei fondi

Per quanto riguarda le modalità di implementazione e controllo della spesa, la Commissione sta ragionando su come costruire un contratto di fiducia con gli Stati membri che, a fronte di sistemi nazionali adeguati, permetta di semplificare la gestione dei fondi.

Inoltre, per accelerare la partenza dei programmi, sono in via di valutazione regole più semplici per la designazione dell'Autorità di gestione.

Novità sul fronte delle macrocondizionalità

Per quanto riguarda la condizionalità macroeconomica, la Commissione è orientata per il mantenimento dello status quo relativamente al legame tra Politica di Coesione e Semestre europeo, prevedendo però uno strumento con un budget separato attivabile su base volontaria a sostegno degli Stati membri che hanno bisogno di sostegno per la realizzazione di importanti riforme strutturali.

Sulla macrocondizionalità politica, la Commissione intende individuare dei parametri per giudicare se ci sono i requisiti per un buon utilizzo delle risorse, ad esempio con riferimento all'indipendenza del sistema giudiziario, ma non è propensa all'introduzione di sanzioni per i paesi che non rispettino gli accordi in tema di redistribuzione dei migranti. A questo proposito, la Commissione sta valutando piuttosto incentivi a favore degli Stati membri che si impegnino maggiormente nell'accoglienza e nell'integrazione di rifugiati e richiedenti asilo.

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Castaldo, puntare su nuove risorse proprie

A discutere degli scenari post 2020, tre eurodeputati italiani di diversi schieramenti politici, ma concordi nella difesa di un ruolo forte per la Politica di Coesione post 2020.

Per il vicepresidente del Parlamento europeo Fabio Massimo Castaldo (EFD), di fronte al gap lasciato dalla Brexit e alle nuove sfide dell'Unione la richiesta di aumentare i contributi nazionali al bilancio UE rischia di avvelenare il dibattito sul prossimo Quadro finanziario pluriennale. La strada da seguire è quindi quella dell'aumento delle risorse proprie, a cominciare da carbon tax, web tax e tassa sulle transazioni finanziarie, per limitare gli sforzi richiesti agli Stati membri e scongiurare il rischio di tagli ingenti alle più importanti politiche europee.

Lo scenario di un taglio dei fondi della Coesione che escluda alcune o tutte le regioni italiane dall'accesso alle risorse europee, in ogni caso, deve essere escluso completamente, attraverso la collaborazione tra tutti gli attori attivi a livello nazionale ed europeo. Allo stesso modo, Castaldo ha sollecitato unità sulla proposta di escludere il cofinanziamento nazionale dei fondi europei dal calcolo ai fini del Patto di stabilità e crescita e sul congelamento dei fondi nei confronti dei paesi che non rispettano gli accordi sulla ripartizione delle quote di migranti.

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Cicu, supportare le PA nella gestione dei fondi

La Politica di Coesione deve continuare ad assicurare il necessario supporto alle economie meno sviluppate, come il Mezzogiorno e le Isole, ma senza trascurare i sistemi regionali più avanzati che pure hanno subito pesantemente le conseguenze della crisi e della globalizzazione, ha dichiarato l'europarlamentare della commissione Sviluppo regionale Salvatore Cicu.

La battaglia per una Politica di Coesione forte e aperta a tutte le regioni non deve però far dimenticare il tema della capacità di spendere adeguatemente i fondi europei, ha ricordato Cicu, invitando a una svolta culturale in termini di conoscenza delle opportunità offerte dalla Politica di Coesione e di capacità di progettazione e gestione delle risorse.

Tra le proposte dell'eurodeputato PPE, tutor attivi sui territori e task force a supporto delle amministrazioni regionali, che a loro volta dovrebbero avvicinare gli enti locali, i cittadini e e le imprese alla Politica di Coesione.

Sassoli, aumentare le sinergie

Sulla stessa linea il vicepresidente del Parlamento europeo David Sassoli (S&D), secondo cui confermare le attuali dotazioni ha senso solo se si migliora la capacità di utilizzo e l'impatto delle risorse. Alcuni problemi di governance sono strettamente nazionali e non possono essere imputati alla complessità delle regole europee; altri potrebbero essere affrontati aumentando le sinergie tra gli attori del territori e il supporto ai comuni nella progettazione dei fondi, ha aggiunto.

Anche la rappresentanza italiana presso l'UE e le rappresentanze ministeriali potrebbe svolgere un ruolo in questo senso, diventando parte della regia italiana sulle scelte che si compiono a Bruxelles e aumentando il dialogo tra governo ed eurodeputati.

Più generale, ha detto Sassoli chiudendo i lavori della mattinata, bisogna comunicare ai cittadini che l'UE è la migliore possibilità per la sopravvivenza del nostro Paese, non solo perchè non possiamo rispondere alle sfide globali da soli, ma anche perchè, come dimostra il processo di allargamento, l'Unione continua ad essere il modello su cui altri paesi stanno scommettendo per il loro futuro.

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Photo Credit: Rappresentanza in Italia Commissione europea

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