Politica Coesione post 2020 - Sabatini, fondi UE per la competitivita'

Massimo Sabatini ConfindustriaPerché la Politica di Coesione 2021-2027 e l'accesso ai fondi strutturali sono così importanti per la competitività delle imprese italiane? Ne abbiamo parlato con Massimo Sabatini, direttore Politiche regionali e della coesione territoriale di Confindustria.

Politica Coesione post 2020 – cosa chiedono banche e imprese italiane

Quali opportunità offre la Politica di Coesione post 2020 alle imprese italiane?

Il nuovo ciclo di programmazione dei fondi strutturali rappresenta una straordinaria opportunità per le imprese italiane, e più in generale, per quelle europee. La Politica di Coesione, infatti, si conferma, anche col futuro bilancio, la principale politica dell’Unione, l’unica capace di migliorare la competitività di tutti i territori europei, a partire da quelli più deboli. Anche dopo il 2020, purtroppo a causa del ritardo di sviluppo di numerose regioni meridionali, l’Italia resterà il secondo paese destinatario di fondi strutturali.

Le imprese saranno tra i principali beneficiari degli interventi, sia direttamente - mediante strumenti di incentivo alla ricerca, all’innovazione, agli investimenti, alla digitalizzazione - sia indirettamente, attraverso interventi di miglioramento del contesto economico e produttivo dei territori, come quelli infrastrutturali, sul capitale umano, in materia ambientale. È una grande occasione per impostare una politica di sviluppo incentrata sulla competitività e, per questo, un'occasione da non perdere.

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Quali sono gli ostacoli che limitano l’accesso delle imprese italiane ai fondi strutturali?

Sebbene i maggiori ritardi si registrino per gli investimenti pubblici - che presentano una maggiore complessità di realizzazione - anche le imprese hanno le loro difficoltà ad utilizzare pienamente tali risorse. Senza dubbio, il principale ostacolo è la complessità procedurale che caratterizza la tematica. I livelli amministrativi coinvolti sono numerosi, dalla Commissione UE alle amministrazioni nazionali, dalle Regioni agli enti Locali, passando per organismi intermedi e attuatori differenziati, e ognuno di loro, anche in perfetta buona fede, contribuisce a una stratificazione di regole di difficile gestione.

In particolare, sono le PMI, meno strutturate per sobbarcarsi l’onere burocratico, a soffrire maggiormente tali difficoltà. Anche l’incertezza dei tempi, che non consente alle imprese stesse di programmare coerentemente i propri investimenti non aiuta: infine, capita che gli strumenti non siano cuciti sulle esigenze e sulle potenzialità delle imprese, e dunque non riescono pienamente a incontrare la domanda di agevolazione.

A suo avviso quali interventi possono essere messi in atto in Italia per agevolare l’accesso delle imprese ai fondi strutturali post 2020?

Ci vuole innanzitutto un impegno di fondo a porre il tema della competitività al centro della nuova programmazione. I dati sull’indice di competitività regionale, recentemente pubblicati dalla Commissione europea, confermano che scontiamo un pesante divario rispetto agli altri paesi, che purtroppo si va ampliando. Il rafforzamento strutturale delle condizioni di competitività del nostro sistema produttivo, soprattutto dove esso è più debole, deve perciò essere la principale priorità, da cui far dipendere tutte le altre. Ciò significa applicare il principio di concentrazione innanzitutto sui temi e gli strumenti volti a perseguire questo obiettivo.

Poi, per rendere concreta questa prospettiva strategica, ci vuole uno straordinario sforzo di semplificazione degli strumenti e delle regole, che deve essere condotto mettendosi dal punto di vista delle imprese, ovvero cercando di rendere più semplice per loro (soprattutto quelle più piccole) l’accesso ai fondi. Usando il più possibile strumenti automatici, come il credito d’imposta per gli investimenti al Sud, per semplificare l’utilizzo delle risorse; e riproponendo, quando possibile, tutti gli strumenti che hanno già mostrato di funzionare efficacemente. Una maggiore efficacia passa anche da un'attivazione immediata delle principali leve a disposizione.

Infine, ci vuole una robusta azione di rafforzamento amministrativo, che significa sapere gestire sempre meglio gli interventi volti alle imprese tenendo conto del loro punto di vista, per disegnare al meglio strumenti ed interventi: è quello che la Commissione europea chiama “partenariato”, ed è una prassi decisiva proprio per paesi come il nostro. Insomma, competitività, concentrazione, semplificazione, partenariato mi sembrano i concetti chiave della nuova fase che si apre: concetti che dovranno ispirare i programmi operativi e gli strumenti di intervento.

Qual è la sua opinione in merito ad InvestEU e, in particolar modo, cosa pensa della sezione del fondo destinata al sostegno delle PMI?

Le imprese guardano con favore a questo strumento, che può aiutare a rendere più accessibile, più mirato e più efficace il finanziamento dell’economia reale. L’Europa, nel suo complesso ha un enorme bisogno di rilanciare gli investimenti, e programmi come InvestEU possono dare, da questo punto di vista, un contributo estremamente significativo.

Le più ampie possibilità di sinergie tra questo strumento e i fondi strutturali possono contribuire, a loro volta, a fornire un'adeguata massa critica agli strumenti sul territorio, condividendo i rischi e ampliando la base delle imprese potenzialmente interessate. A tal fine, sarà inoltre importante coniugare le potenzialità di InvestEU con altri strumenti nazionali già esistenti come il Fondo di Garanzia per le PMI.

Se saprà coniugare le finalità di efficienza finanziaria con quelle di riequilibrio territoriale proprie della politica di coesione, il programma potrà dare un grande contributo all’auspicato rilancio della competitività.

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