Supercalcolo e big data: in arrivo i bandi a cascata del PNRR. Intervista a Marco Aldinucci, Università Torino

Marco Aldinucci - Full Professor in HPC Computer Science Department, University of TorinoSi tratta delle call competitive dello spoke ‘Future HPC and Big Data’ - uno dei 10 spoke del Centro nazionale di supercalcolo - che coinvolgeranno sia università che imprese. Ne abbiamo parlato con Marco Aldinucci, professore dell’Università di Torino a capo dello spoke.

Digital twin: una risorsa per le imprese. Cos'è e come finanziarlo?

Prima di conoscere più da vicino le opportunità di finanziamento nel campo del calcolo ad alte prestazioni, abbiamo chiesto al professor Aldinucci di raccontarci il funzionamento dello spoke Future HPC and big data.

PNRR, supercalcolo e big data

PNRR e supercalcolo: cos’è lo spoke Future HPC and Big Data?

E’ uno dei 10 spoke del Centro nazionale di ricerca in High Performance Computing, Big Data e Quantum Computing, che - al pari degli altri Campioni nazionali - segue un modello ‘hub and spoke’, in cui i soggetti coinvolti svolgono ruoli diversi: 

  • l’hub si occupa della gestione amministrativa e finanziaria della fondazione o del consorzio che guida il progetto (in questo caso la Fondazione ICSC)
  • gli spoke invece svolgono le attività scientifiche ed operative

Volendo fare un parallelismo con il traffico aereo, l’hub è lo scalo principale che funge da base, mentre gli spoke sono gli aeroporti distribuiti sul territorio.

Anche i flussi finanziari devono rispettare questo modello, ossia: le risorse del PNRR stanziate dal bando del Ministero dell’Università e della Ricerca per arrivare ad imprese ed università devono passare in prima battuta per l’hub che - in un secondo momento - le ripartisce tra gli spoke, rispettando le procedure contrattuali del caso.

All’interno di questa struttura gli spoke diventano vere e proprie business unit operative per la ricerca e l’innovazione, che coprono specifiche aree di interesse nella cornice del Centro nazionale.

Nel caso del Centro nazionale di supercalcolo gli spoke sono 10, di cui:

2 dedicati allo studio delle fondamenta del calcolo, con l’obiettivo di sviluppare tecniche da utilizzare poi nei vari ambiti applicativi

  • Future and big data, vale a dire informatica e ingegneria informatica
  • Quantum computing, per portare avanti la ricerca sul calcolo quantistico

8 si riferiscono ad applicazioni in diversi ambiti di utilizzo

  • Fundamental research and space economy
  • Astrophysics and cosmo observations
  • Earth and climate
  • Environment and natural disasters
  • Multiscale modeling and engineering applications
  • Material and molecular sciences
  • In-silico medicine and omics data (per produrre farmaci personalizzati e approcci terapeutici)
  • Digital society and smart cities

A questi si aggiunge poi uno ‘spoke zero’ che riguarda le infrastrutture fisiche, ossia l'acquisto, la messa in opera dei supercomputer.

Agli spoke partecipano - insieme alle imprese - anche diverse università, ognuna delle quali ha individuato alcune priorità su cui lavorerà nei prossimi anni.

Ad esempio, l’Università di Torino, oltre a coordinare lo spoke Future HPC and Big Data, parteciperà alle attività degli spoke su: astrofisica, scienza dei materiali e medicina personalizzata.

I temi cardine dei vari spoke del Centro nazionale di supercalcolo - ha spiegato il professor Aldinucci - sono stati individuati tramite una competizione interna, procedura utilizzata per ripartire il budget globale del Centro (circa 320 milioni di euro a valere sul PNRR) tra i vari spoke.

Nel caso dello spoke Future HPC and Big Data “abbiamo fatto uno sforzo gigante per creare una realtà che fosse in grado di collaborare con l’industria”, facendo un passo in avanti per stimolare la cooperazione tra università ed imprese, non così comune in Italia.

Lo spoke riunisce infatti più di 10 università e 8 partner industriali, che insieme danno vita ad “una specie di bottega rinascimentale dove allevare, in un ambiente di ricerca, persone che siano preparate ai bisogni dell’azienda: i ricercatori dell’industria”.

Le aziende che partecipano al progetto non ricevono i fondi PNRR, ma pagano una quota di partecipazione pari a 250mila euro l’anno per almeno 4 anni. Si tratta di un investimento che ha fra gli obiettivi la formazione di persone altamente specializzate, difficili da trovare e da immettere sul mercato.

“Noi lavoriamo come in Formula 1: non vogliamo formare gli operatori dell’informatica, ma i superspecialisti”, ha spiegato Aldinucci.

Anche le università investono nello spoke, ma la vera partita si aprirà nel post-2026, una volta terminate le risorse del Recovery plan.

Saranno sostenibili le nuove realtà create con i fondi PNRR, come lo spoke Future HPC and Big Data?

Secondo il professor Aldinucci sì; la sfida sarà convincere le imprese a continuare ad investire nello spoke, ma di fatto queste strutture - per loro natura - attraggono investimenti, sia nazionali che europei.  

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Due living lab per formare gli specialisti di domani

Lo spoke Future HPC and big data è articolato su due living lab:

  • uno per la parte software, coordinato dal professore Marco Aldinucci, presso l’Università di Torino
  • l’altro per la componente hardware, guidato dal professore Luca Benini, presso l’Università di Bologna

Si tratta di due laboratori - due luoghi fisici che stanno prendendo forma nelle rispettive università - dove ricercatori e imprese possono lavorare insieme.

Nella redazione del progetto abbiamo cercato di non polverizzare l’investimento, affinché non diventi un aiuto di Stato ma un investimento utile per la ricerca e l’industria”, ha spiegato Aldinucci.

Lo spoke prende il nome di ‘Future HPC’ perché “il supercalcolo permette di studiare le cose guardando più avanti nel futuro” e “abbiamo cercato di immaginare come sarà il calcolo nei prossimi anni, lato hardware e software”.

Basti pensare che durante la pandemia il calcolo ad alte prestazioni è stato utilizzato per individuare i farmaci più sicuri contro il Covid-19, come nel caso del progetto Exscalate4CoV (E4C) - finanziato da Horizon 2020.

Le potenzialità del supercalcolo sono molteplici e per svilupparle serve molto lavoro, a partire da quello che si svolge nei laboratori di ricerca. Si tratta di una pre-condizione necessaria per individuare i diversi ambiti applicativi che il calcolo ad alte prestazioni può avere nella vita di tutti i giorni.

Secondo il professore “i sistemi di calcolo devono essere fatti affinché possano essere facilmente utilizzati; la sfida è portare dei calcolatori super-potenti virtualmente nelle case di tutti” anche grazie alle tecnologia cloud.

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Come sarà il living lab software?

Il living lab software sorgerà presso il dipartimento di informatica dell’Università di Torino, che già ospita il progetto europeo HPC4AI.

Con un budget di 4,5 milioni di euro da fondi europei, il progetto HPC4AI ha permesso di realizzare un’infrastruttura che offre servizi di Cloud Computing, Big Data Analytics e High Performance Computing.

Si presenta come una stanza con pareti in vetro dove si può entrare per capire com’è fatto un cloud, che da semplice icona sul desktop del computer diventa un luogo fisico da esplorare. Questo data center - costruito per testare processori e chip - ospiterà anche il primo prototipo di processore europeo.

HPC4AI, Dipartimento di Informatica, Università di Torino - Foto di Marco Aldinucci (CC BY-NC 4.0)HPC4AI, Dipartimento di Informatica, Università di Torino - Foto di Marco Aldinucci (CC BY-NC 4.0)

In termini di attrazione di investimenti, grazie a HPC4AI "in 2 anni abbiamo agganciato progetti europei del valore di 100 milioni di euro", ha raccontato Aldinucci. "La ricerca è un leva fantastica; ogni euro investito in ricerca genera molti altri euro per tutto il sistema della ricerca. Per questo è fondamentale integrare le industrie e le PMI in questo sistema".

HPC4AI è anche il punto di partenza del living lab software dello spoke Future HPC and Big Data: l’idea di fondo è quella di costruire intorno al data center un laboratorio dove i ricercatori e le imprese si incontrano per sperimentare il supercalcolo del futuro.

Si tratta di un co-lab, ossia un luogo di contaminazione e cooperazione, dove incontrarsi sia per fare ricerca e test, che per sviluppare nuove soluzioni produttive. Una volta terminati i lavori in corso, il living lab software avrà a disposizione 350 mq, suddivisi tra meeting rooms, locali tecnici, servizi e open space.

Come funzionerà il living lab?

I partner industriali sottoporranno le loro esigenze tecnologiche allo spoke sotto forma di "proof-of-concepts" (PoC), ossia progetti finalizzati a sperimentare una nuova tecnologia, la cui realizzazione sarà finanziata dal Centro Nazionale. Il living lab ospiterà i giovani ricercatori che lavoreranno nel laboratorio ai PoC sotto la supervisione dei professori delle università.

"I giovani saranno in costante contatto con le industrie che hanno proposto il PoC. Il PoC è il mezzo per assumere giovani brillanti che saranno formati dall’università pensando alle esigenze dell’industria", ha spiegato Aldinucci.

Alla base di questo laboratorio c’è anche “la voglia di dare alle persone un ambiente dignitoso dove lavorare”, affinché restino nell’industria italiana piuttosto che traghettate verso le grandi multinazionali.

Come ha ricordato il professore: “quasi tutte le buone idee vengono quando si beve un caffè con i colleghi”, di conseguenza per rimanere competitivi sui mercati internazionali occorre investire nel capitale umano e nei luoghi di lavoro, soprattutto nel campo delle nuove tecnologie.

L’obiettivo di fondo degli spoke è infatti dar vita a dei laboratori dove formare figure professionali di spicco, che oggi non si trovano sul mercato e che vengono contese dalle grandi aziende.

Queste considerazioni aprono la strada ad una riflessione di più ampio respiro, che riguarda il modo in cui l’intelligenza artificiale, il calcolo ad alte prestazioni e le tecnologie quantistiche cambieranno in profondità la nostra società.

Nel prossimo futuro diversi lavori non saranno più svolti da mani umane, e qui - come ha sottolineato Aldinucci - avremmo di fronte una scelta: vogliamo fare data entry utilizzando le tecnologie sviluppate da altri paesi o vogliamo fare innovazione? Ponendo la questione in altri termini: l'industria italiana vuole essere cliente (dipendendo dalla tecnologia straniera) o essere produttore di innovazione tecnologica?

L’innovazione passa attraverso una visione del futuro, mettendosi alla frontiera della conoscenza e ponendosi dubbi sullo stato dell’arte. “Se vuoi fare innovazione in ambito tecnologico bisogna guardare alle tecnologie che altri non hanno, devi essere sostanzialmente un ricercatore nella testa”.

In questo contesto gli spoke giocano un ruolo fondamentale, perché andranno a formare altissime professionalità nel campo delle nuove tecnologie.

Per quanto riguarda le tempistiche i lavori per la realizzazione del living lab software sono già partiti, “stiamo aspettando le regole di rendicontazione dal MUR, abbiamo concordato diversi Proof of Concept con le aziende e l’annuncio per i ricercatori è già su Linkedin”, ha spiegato Aldinucci.

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Come avviene il processo di trasferimento tecnologico nello spoke?

Da un lato ci sono le imprese che, con le loro esigenze, si rivolgono allo spoke per cercare nuove soluzioni; dall’altro ci sono le università con le loro conoscenze e le idee già sviluppate nel corso degli anni.

Come ha spiegato il professore, per rispettare i vincoli temporali del progetto, si partirà da soluzioni esistenti, adattandole alle necessità delle aziende.

Attraverso un processo di matchmaking si cercherà quindi di far incontrare domanda e offerta. Nel dettaglio le aziende presenteranno dei Proof of Concept (PoC), che potranno riguardare diverse tematiche: dalle tecniche di videosorveglianza negli aeroporti alla ricerca di nuovi pozzi di petrolio.

Come ha evidenziato Aldinucci “la vera scommessa di questo processo sarà vedere se le imprese sapranno mettere a valore” le soluzioni sviluppate dall'università.

Lo spoke, dotato di un proprio budget, assegnerà una quota di risorse al PoC, accordandosi con l’azienda sulla logistica per la realizzazione del progetto, che potrà essere portato avanti in qualsiasi università aderente allo spoke per favorire a pieno il trasferimento tecnologico, che - secondo Aldinucci - “avviene sempre attraverso rapporti di fiducia personali, almeno nell’ecosistema italiano dove le eccellenze della ricerca sono disperse nel territorio e le università generalmente operano in modo non coordinato”.

Il budget non lo diamo all’azienda per compensazione dei costi di partecipazione al centro, ma per formare una persona che domani troverà un nuova fonte energetica o che svilupperà un nuovo materiale o una nuova tecnologia”, ha sottolineato il professore.

I ricercatori che lavoreranno ai PoC, infatti, saranno early stage researcher che accederanno a borse/assegni di ricerca dell’università, vincolati però alla collaborazione con le aziende.

All’interno dell’università i ricercatori saranno quindi seguiti individualmente facendo un percorso insieme con le imprese, con l’obiettivo di costruire eccellenze spendibili tanto in ambito accademico quanto industriale.

Per la proprietà intellettuale delle idee che nasceranno durante questo percorso “ci metteremo d’accordo all’interno della Fondazione ICSC per definire un framework legale comune”, ha spiegato Aldinucci.

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Finanziamenti in arrivo: Open call e Innovation grant. Cosa sono?

Come previsto dal bando del MUR sui Centri nazionali, gli spoke di natura pubblica hanno il compito di attivare i bandi a cascata, noti anche come cascade funding, con effetto leva sui fondi PNRR.

Lo spoke Future HPC and Big Data ha a disposizione un budget di 3,2 milioni di euro per attivare queste procedure competitive aperte a tutti, ribattezzate Open call, finalizzate a sostenere progettualità di 6-12 mesi da parte di soggetti che non sono già parte del centro.

"Decideremo insieme agli atri spoke come erogare i finanziamenti appena avremo digerito le regole rendicontazione che sono appena state rilasciate dal MUR. Speriamo che si formino piccoli consorzi con ricercatori e imprese (startup e PMI) che indirizzino dei task industriali che non si possono realizzare interamente nell'università", ha spiegato il professore.

L’obiettivo è risolvere un problema industriale chiaro per alzare il livello di maturità tecnologica (Technology Readiness Level - TRL) di un determinato prodotto, coinvolgendo università, grandi imprese e PMI.

Nello spoke FutureHPC, le Open call si pongono in ottica ‘ad adiuvandum’ rispetto ai Proof of Concept e agli Innovation grant. Per questi ultimi, lo spoke può contare su uno stanziamento di 1,8 milioni di euro.

Come funzionano gli Innovation grant?

Utilizzando un approccio top down, si parte dai Proof of Concept delle grandi industrie creando dei team in una o più delle università che partecipano al centro. I team saranno composti da nuovo personale, giovani laureati in formazione, dottorandi o ricercatori più esperti, che saranno affiancati da professori esperti per la realizzazione del PoC.

Nella realizzazione dei PoC sarà possibile anche coinvolgere startup e PMI, che verranno pagate per portare a termine dei task di natura più industriale che non si possono realizzare nell'università.

Come ha sottolineato il professore, in questo modo si creeranno anche relazioni tra grandi industrie e aziende più piccole.

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Verso la leadership italiana del supercalcolo

Come abbiamo visto, il Centro nazionale di supercalcolo poggia le sue fondamenta su diverse iniziative che l’Italia sta portando avanti in questo settore, anche grazie ai fondi europei.

Oltre al progetto HPC4AI, c’è il Consorzio interuniversitario nazionale per l’informatica (CINI), che riunisce diversi laboratori dedicati alle nuove tecnologie, tra cui: intelligenza artificiale, big data, calcolo ad alte prestazioni, cybersecurity, ecc.

Tra questi c’è il laboratorio nazionale HPC Key Technologies and Tools (HPC-KTT) - diretto dal professor Aldinucci - che, aggregando oltre 200 ricercatori da oltre 38 università e centri di ricerca italiani - può anche essere considerato un precursore dello spoke Future HPC and Big Data.

L’Italia poi partecipa attivamente all’impresa comune europea per il calcolo ad alte prestazioni (EuroHPC Joint Undertaking), anche con una quota di risorse a valere sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

All’inizio di ottobre l’EuroHPC JU ha annunciato i sei siti - tra cui uno in Italia - che ospiteranno i primi computer quantistici europei; sarà il Tecnopolo di Bologna ad ospitare il nuovo computer quantistico che lavorerà in sinergia con il supercomputer EuroHPC Leonardo.

Con la costituzione del Centro nazionale e della Fondazione ICSC che ne è a capo si sta compiendo un ulteriore passo in avanti: “stiamo creando una massa critica federata per far emergere le migliori realtà italiane nel campo del supercalcolo e assumere un ruolo di leadership a livello europeo”, ha spiegato Aldinucci.

Con la Fondazione ICSC, infatti, l’Italia potrà presentarsi come soggetto giuridico unico nell’ambito dei bandi europei, riunendo sotto un’unica realtà le tante eccellenze del supercalcolo sparpagliate per tutto il paese.

L’auspicio per il futuro è vedere l’Italia alla guida dei progetti per realizzare il chip europeo e tutto l'ecosistema che sarà necessario per poterlo usare in modo semplice ed efficace: dal sistema operativo agli strumenti di programmazione alle applicazioni e ai servizi in cloud per gli utenti finali (scienziati, industrie e tutti i cittadini).

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