Smart Farming: cosa serve per arrivare alle piccole imprese agricole?

Agricoltura - Foto di DJI-Agras da PixabayGli imprenditori agricoli sono chiamati ad abbracciare la transizione gemella della green transition - la transizione digitale - per diventare più competitivi e ridurre la pressione sull'ambiente. Sistemi e soluzioni di agricoltura 4.0 e agricoltura di precisione devono però raggiungere un tessuto produttivo fatto soprattutto di piccole imprese, dove fattori culturali, economici e normativi frenano il trasferimento tecnologico e la diffusione delle innovazioni

Transizione 4.0: le opportunità per l'agroalimentare

Il settore agricolo si trova di fronte alla sfida di dover aumentare la produzione per assicurare la sicurezza alimentare, riducendo però gli input idrici e chimici e incrementando le rese più che le superfici per contenere il consumo di suolo, in linea con l'European Green Deal e con le strategie UE Farm to Fork e Biodiversità al 2030. L'impatto della guerra in Ucraina sulle forniture di materie prime e prodotti agricoli ha reso ancora più pressante questa sfida, ponendo al centro del dibattito anche il tema della forte dipendenza dell'estero di molte produzioni agroalimentari italiane.

Le nuove tecnologie applicate al settore agricolo possono dare un contributo decisivo alla sostenibilità economica e ambientale della produzione primaria e di tutta la filiera agrifood, migliorando anche trasparenza, informazione ai consumatori e qualità dei prodotti.

Ma cosa serve per sfruttarne il potenziale e farne il motore di una trasformazione su vasta scala che coinvolga le piccole aziende agricole oltre alle imprese medio-grandi? Incentivi per gli investimenti, competenze per preparare e accompagnare la digitalizzazione, interoperabilità delle soluzioni per integrare gli strumenti tra loro e norme che riconoscano e favoriscano i cambiamenti strutturali che attraversano il settore.

Proviamo allora a mettere in fila opportunità e problemi, partendo da quello che il mercato già offre e dalle soluzioni che aziende e mondo della ricerca stanno sperimentando. 

Digitalizzare l'agricoltura: tecnologie, incentivi e problemi

Quali soluzioni tecnologiche per digitalizzare l'agricoltura?

Il campo delle tecnologie applicabili al settore agricolo e all'agroindustria è molto vasto.

Secondo il libro bianco “Il digitale e l’innovazione tecnologica a supporto al settore agrifood italiano”, realizzato da Anitec-Assinform e Confindustria Digitale, tra le soluzioni fondamentali per l'attività agricola vi è la combinazione dei Big data, per la raccolta e l'analisi delle informazioni in campo, con applicazioni di Intelligenza artificiale che, mediante algoritmi di Machine learning, permettono di ricavare da quei dati indicazioni per orientare le scelte agronomiche e velocizzare le decisioni. I risultati vanno dalla razionalizzazione dagli input, con connessa riduzione dei costi, al miglioramento della produzione.

Vi è poi il mondo dell’Internet of things, con soluzioni di Smart agriculture che permettono il controllo di mezzi e macchine agricole in campo, ma anche il monitoraggio del bestiame, mentre le applicazioni della tecnologia Blockchain in agricoltura spaziano dalla tracciabilità e la certificazione del processo produttivo per il supply chain management, fino all'informazione al consumatore, sfruttando Qrcode e altre etichette intelligenti per comunicare la storia del prodotto e rafforzare la fiducia nel brand.

Senza dimenticare l'accesso alla connettività 5G e i benefici connessi all'utilizzo dei mezzi a guida autonoma e semi autonoma, da quelli guidati tramite tecnologie satellitari fino ai trattori dotati di laser, telecamere e sensori, utili soprattutto nei settori, dalla viticoltura alla frutticoltura, che non possono sostenere i margini di errore dei sistemi GNSS. 

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Qualche esempio di Smart Agriculture

I rincari degli ultimi mesi e le difficoltà di approvvigionamento di materie prime agricole, aggravati dalla guerra in Ucraina, hanno aumentato l'attenzione nei confronti delle transizioni energetica e digitale come driver cruciali per aumentare la resilienza delle imprese agricole nel contesto delle sfide globali che hanno di fronte.

Per approfondire: Agricoltura e guerra in Ucraina: quali risposte da PAC e PNRR?

Alcune realtà di eccellenza sono già riuscite a compiere questo salto, conseguendo risultati straordinari grazie alla combinazione di modelli predittivi, big data e sensoristica, ma per sviluppare pienamente questo potenziale occorre iniettare tecnologie innovative nelle piccole imprese agricole: è a loro che bisogna arrivare per replicare nel mondo agricolo la transizione che la manifattura ha avviato già da tempo.

E' ciò che hanno in mente i membri di Afil, l'Associazione Fabbrica Intelligente Lombardia, cluster tecnologico per il manifatturiero avanzato che, attraverso la strategic community “Secure and sustainable food manufacturing” - coordinata da Tecnoalimenti e partecipata, tra gli altri, da Politecnico di Milano e CNR - prova a rispondere ai fabbisogni di innovazione delle imprese della filiera agroalimentare, guidando il trasferimento all'agrifood delle tecnologie già impiegate nell'industria.

D'altra parte la Lombardia, oltre a incidere sul manifatturiero nazionale per il 20% in termini di imprese e per il 26% in termini di fatturato, si colloca anche stabilmente tra le prime cinque regioni europee per numero di aziende e di addetti del settore alimentare e delle bevande. Le opportunità di 'cross-fertilisation' tra i due mondi delle tecnologie industriali e dell'agrifood sono quindi rilevanti e la community di Afil ha già testato diverse applicazioni interessanti per l'agroalimentare, tra cui un progetto dello spin off Iss del Politecnico di Milano che, grazie alla spettroscopia agli infrarossi, permette di valutare il grado di maturazione della frutta basandosi sui colori.

Qualcosa di analogo a quanto sta realizzando l'azienda specializzata in innovazione Polaris Engineering, insieme a Libra Srl, realtà che si occupa di rilievi in campo ambientale mediante Sistemi aeromobili a pilotaggio remoto (SAPR): combinando il monitoraggio dei vigneti tramite satelliti Sentinel-2 con un drone con camera multispettrale che cattura immagini ad alta risoluzione, il loro progetto permette di validare e completare le mappe derivate dalle immagini satellitari e stabilire lo stato di vigore delle piante in modo da orientare le giuste scelte sul campo.

A livello nazionale in prima fila c'è anche il CREA, il più importante ente di ricerca italiano dedicato all’agroalimentare, che attualmente vede impegnate diverse unità operative nel progetto AgriDigit finanziato dal Ministero delle Politiche agricole. Tra i suoi sottoprogetti, c'è AGROFILIERE, che esplora sistemi e applicazioni per lo smart farming in svariati ambiti e ha dato origine allo studio, realizzato dal CREA Ingegneria e Trasformazioni Agroalimentari insieme all'Università degli Studi della Tuscia, insignito del Best Paper Awards 2021 della rivista Electronic.

In pratica i ricercatori hanno messo a confronto la guida semi-automatica con quella manuale, su uno stesso trattore, impiegato durante la semina del grano. Il sistema di guida semi-automatico della casa madre già in dotazione è stato migliorato in precisione grazie all'utilizzo di una stazione RTK che ha ridotto il margine di errore massimo a +/- 2 cm e poi confrontato con l'utilizzo del trattore in modalità manuale, semplicemente disattivando il comando di guida semi-automatica dal computer di bordo. Il risultato, spiega Antonio Scarfone, ricercatore del centro di Ingegneria e Trasformazioni Agroalimentari del CREA, è stato “un significativo miglioramento delle prestazioni della trattrice” grazie alla “riduzione delle sovrapposizioni ed una maggiore rapidità in voltata”. In una giornata di 8 ore lavorative, prosegue Scarfone, “la produttività aumenta di circa 1,2 ettari al giorno, ma può arrivare tranquillamente a 2 ettari sfruttando le ore di luce disponibili”. E c'è un potenziale interessante anche in relazione all'uso di sementi: “il risparmio di seme è stato minimo (3,6 kg per ettaro, corrispondente all'1,6%), ma può diventare rilevante rapportato a grandi superfici”.

Anche a livello europeo si lavora per diffondere il più possibile la smart agriculture. A maggio di quest'anno la Commissione europea ha pubblicato i risultati di uno studio relativo all'implementazione del progetto Farm Sustainability Tool for Nutrients (FaST), uno strumento digitale per la sostenibilità agricola, in particolare relativamente all'uso di nutrienti, che può essere utilizzato su smartphone, tablet e computer. Unendo dati esistenti con gli input manuali degli agricoltori il tool fornisce raccomandazioni personalizzate sulla fertilizzazione delle colture attraverso un piano di gestione dei nutrienti che permette di conseguire sia risparmi economici che vantaggi di carattere ambientale. Bruxelles è decisa ad incentivarne l'adozione nelle aziende agricole, anche utilizzando i fondi europei per lo sviluppo rurale della nuova Politica agricola comune. Così nei Piani strategici nazionali della PAC 2023-27 potremmo trovare anche contributi per le aziende che decidono di utilizzarlo. 

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La crescita del mercato e il ruolo degli incentivi per l'agricoltura 4.0

In generale, l'adesione degli agricoltori alla transizione digitale è strettamente collegata alla disponibilità di incentivi a sostegno degli investimenti. Gli ultimi dati dell'osservatorio Smart Agrifood del Politecnico di Milano registrano, insieme alla costante crescita del mercato, del numero di soluzioni offerte e del relativo fatturato, un forte boost degli incentivi che hanno contribuito all'incremento della superficie coltivata con sistemi 4.0, avvicinandola al target del 10% posto dal Mipaaf qualche anno fa.

A trainare questi trend sono stati soprattutto i contributi dei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) e i crediti d'imposta beni strumentali del Piano transizione 4.0, determinanti nelle scelte di investimento dell’84% degli agricoltori intervistati e utilizzati da tre quarti delle imprese agricole. Per quasi la metà di esse (il 44%) disporre di incentivi ha permesso di investire prima, per due su dieci ha significato poter investire in più soluzioni oppure poter acquisire beni più costosi.

Il quadro delle agevolazioni si è arricchito con l'adozione del PNRR, che prevede una specifica misura da 500 milioni di euro a sostegno della meccanizzazione e dell'innovazione del settore agricolo e finanzia sia l'acquisizione di tecniche di agricoltura di precisione e di agricoltura 4.0 per ottimizzare il dosaggio degli input chimici che il rinnovo dei mezzi agricoli con veicoli a zero emissioni o a biometano. 

Sempre nell'ambito del PNRR oltre 320 milioni di euro sono stati destinati al Centro Nazionale per le Tecnologie dell’Agricoltura (AGRITECH) che, grazie ai fondi del Recovery, pubblicherà bandi a cascata per promuovere la ricerca e lo sviluppo di tecnologie innovative come l’intelligenza artificiale nel settore agricolo.

Parallelamente, il Ministero dello Sviluppo economico ha messo in campo un fondo ad hoc per sostenere con contributi a fondo perduto l'innovazione in agricoltura. Gli aiuti sono destinati alle imprese della produzione primaria che investono in beni materiali e immateriali per la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli, con intensità maggiorate per gli investimenti che rientrano nel perimetro del Piano transizione 4.0. Piano che nel 2022 ha visto un ulteriore potenziamento, con l'incremento delle aliquote sia del credito d'imposta beni strumentali tecnologicamente avanzati che del tax credit formazione 4.0

Per approfondire: Le ultime novità sugli incentivi del Piano Transizione 4.0

Competenze, Interoperabilità e Standardizzazione

L'acquisizione di tecnologie innovative è infatti solo un primo passo e la formazione degli operatori è indispensabile per accompagnare la digitalizzazione dell'agricoltura. Ma non è solo questione di competenze: l'adozione di una o anche più soluzioni di altri ambiti industriali comporta spesso vantaggi solo parziali per un'azienda agricola o agroindustriale.

Sui territori servono connessioni in ottica di ecosistema per superare la resistenza al cambiamento delle aziende di più piccole dimensioni e allo stesso tempo le tecnologie devono essere capaci di parlare tra loro per arrivare a fornire all'agricoltore poche informazioni, chiare ed efficaci, che possano orientarne il lavoro quotidiano. Fornire incentivi per acquisire tecnologie non è sufficiente se poi la complessità ne frena l'utilizzo, così come raccogliere dati non basta se poi manca la capacità di analizzarli e supportare modelli decisionali per cambiare concretamente la pratica sul campo.

L'Osservatorio Smart Agrifood lo rilevava già nella sua ricerca del 2019: integrazione, interoperabilità, standardizzazione e assistenza tecnica sono le priorità per un uso effettivo ed efficace delle nuove soluzioni su vasta scala. 

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Norme, e non solo tecnologie, per le Colture fuori suolo

Ulteriori ordini di problemi si pongono per le colture fuori suolo, che permettono di ridurre gli input idrici e nutrizionali, di controllare meglio le condizioni fitosanitarie riducendo l'esposizione ai parassiti e di contenere le emissioni di CO2 in rapporto alla produzione ottenuta.

I benefici sono significativi sia per le colture outdoor, realizzabili - in orizzontale o come in verticale - anche in assenza di un clima idoneo, che per quelle indoor, che possono trovare posto anche in spazi urbani o industriali dismessi, con il vantaggio di ridurre i costi economici e ambientali della distribuzione commerciale e di risultare attrattive anche per i giovani poco propensi a lasciare le città per lavorare in aree rurali.

In questo caso, però, oltre agli ingenti costi di investimento nei sistemi high tech per la meccanizzazione della produzione, i produttori si scontrano anche con un quadro normativo che fatica a stare al passo con l'evoluzione del settore.

In Italia le produzioni fuori suolo hanno ottenuto nel 2020 un codice Ateco dedicato, che permette anche l'accesso a bandi e finanziamenti, anzitutto ai fondi europei per lo sviluppo rurale, ma manca ancora un quadro normativo coerente che faccia da riferimento anche per le singole leggi regionali.

Ulteriori incongruenze, hanno sottolineato Fabio Tittarelli (Consiglio per la Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura) e Livia Ortolani (AIAB - Associazione Italiana Agricoltura Biologica) in una relazione sulla coltivazione fuori suolo in agricoltura biologica nell'ambito del progetto Mipaaf VIVAINBIO, si generano sui mercati relativamente a importazioni ed esportazioni di prodotti bio.

A livello europeo, infatti, i prodotti da coltivazioni idroponiche e acquaponiche non sono riconosciuti dai regolamenti sul biologico, che pongono come imprescindibile il nesso tra produzione primaria ed ecosistema del suolo ed escludono l'autorizzazione di vegetali nutriti da fertilizzanti solubili. Di conseguenza i prodotti biologici italiani ed europei provenienti da colture fuori suolo non possono ottenere la certificazione bio, né essere commercializzati come tali nei mercati internazionali. Quelli provenienti da altri paesi, come gli USA, che permettono la produzione idroponica in biologico, invece, possono arrivare sulle tavole degli italiani, che sempre più guardano al bio come garanzia di sostenibilità.

Per approfondire: Verso un piano d'azione nazionale per il biologico

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