Dal dl Rilancio alla legge di bilancio 2022, come cambiano i PIR

Piani individuali risparmio - Photo credit: cottonbro da PexelsDopo l'introduzione dei PIR alternativi ad opera del dl 34-2020, con il via libera alla manovra 2022 arriva un altro intervento per potenziare i Piani di risparmio a lungo termine e aumentare gli investimenti dei contribuenti nell'economia reale.

Manovra 2022: bonus, incentivi e investimenti per imprese e famiglie

La legge di bilancio 2022 innalza infatti la soglia annua di 30 mila euro e il limite complessivo di 150 mila euro per i Piani di risparmio individuali ordinari rispettivamente a 40 mila e a 200 mila euro. Inoltre, la manovra stabilisce che i PIR costituiti a decorrere dal 1° gennaio 2020 che investono prevalentemente in imprese diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE Mid Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati sono esclusi dai vincoli stabiliti dal comma 112 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017, in base ai quali ciascuna persona fisica può essere titolare di un solo PIR “ordinario” e di un solo “nuovo PIR” e ciascun Piano non può avere più di un titolare.

Cosa sono i PIR

Nella loro formulazione originaria, ad opera della legge di bilancio 2017, i PIR sono Piani di risparmio sottoscritti da persone fisiche residenti in Italia, nel limite di 30mila euro annui e di 150mila euro totali, i cui rendimenti beneficiano di un regime di esenzione fiscale a condizione che siano detenuti per almeno 5 anni e rispettino alcune condizioni. In particolare, sono considerati investimenti qualificati quelli in azioni o quote di imprese residenti fiscalmente in Italia, nell'UE o nello Spazio economico europeo ovvero in azioni o quote di Organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) residenti fiscalmente in Italia, nell'Unione o nello Spazio economico europeo i quali investono prevalentemente nelle predette azioni o quote di imprese. 

Successivamente, tuttavia, la legge di bilancio 2018 ha fatto rientrare tra gli investimenti qualificati anche le quote di prestiti o di fondi di credito cartolarizzati erogati o originati per il tramite di piattaforme di prestiti per soggetti non professionali (peer to peer lending), gestite da intermediari finanziari, da istituti di pagamento o da soggetti vigilati operanti sul territorio italiano in quanto autorizzati in altri Stati dell'Unione. Anche i redditi generati da questi investimenti sono esenti da imposizione, a condizione che gli strumenti finanziari oggetto di investimento qualificato siano detenuti per almeno cinque anni.

Ulteriori condizioni riguardano la composizione del portafoglio: in ciascun anno solare di durata del piano, per almeno i due terzi dell'anno stesso, le somme o i valori destinati nel PIR devono essere investiti per almeno il 70% del valore complessivo in strumenti finanziari, anche non negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione, emessi o stipulati con imprese fiscalmente residenti in Italia o in Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'accordo sullo spazio economico europeo con stabili organizzazioni in Italia; inoltre, il 30% di questa quota del 70% deve essere investito in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell'indice FTSE MIB di Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati. La legge di bilancio 2017 ha stabilito anche che ciascuna persona fisica non può essere titolare di più di un Piano di risparmio a lungo termine e che ciascun PIR non può avere più di un titolare.

Per approfondire: PIR – il decreto attuativo sui Piani individuali di risparmio

Gli effetti dei vincoli nella composizione degli investimenti ammissibili introdotti dalla legge di bilancio 2019, che hanno limitato l’operatività dei PIR, hanno spinto il legislatore a modificare nuovamente la disciplina attraverso il decreto Fiscale collegato alla manovra 2020: con il decreto legge n. 124-2019 sono stati quindi introdotti nuovi criteri per gli investimenti destinati ai PIR costituiti a decorrere dal 1° gennaio 2020.

Per questi nuovi PIR, denominati anche PIR 2020 o PIR 3.0, la quota minima dell'investimento in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB di Borsa italiana o in indici equivalenti è stata ridotta al 25%, mentre una quota minima del 5% deve essere destinata a strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB o FTSE MID Cap di Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati. Inoltre, con riferimento ai PIR che, per almeno i due terzi dell'anno solare, investano almeno il 70% del valore complessivo in strumenti finanziari emessi da imprese diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE Mid Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati, in prestiti erogati alle predette imprese nonché in crediti delle medesime imprese, il limite alla concentrazione delle quote in uno stesso emittente, che in via generale è fissato al 10%, è stato elevato al 20%.

Le modifiche del decreto Rilancio e i PIR alternativi

Con il decreto Rilancio la disciplina dei Piani di risparmio a lungo termine è stata modificata, potenziandone la capacità di convogliare risparmio privato verso il mondo delle piccole imprese attraverso la costituzione di un secondo PIR con dei vincoli di investimento più specifici.

Contributi a fondo perduto e altre misure per le imprese nel decreto Rilancio

Il provvedimento stabilisce anzitutto che ciascuna persona fisica può essere titolare di un solo Piano di risparmio a lungo termine costituito fino al 31 dicembre 2019 e di un solo PIR costituito a partire dal 1° gennaio 2020 e che per questi ultimi nuovi PIR l'entità degli investimenti detassati passa da 30mila a 150mila euro all'anno e da 150mila a 1,5 milioni complessivi.

Inoltre, il dl Rilancio stabilisce che all'interno di un portafoglio singolo i contribuenti possono sottoscrivere due Piani di risparmio, uno ordinario e uno alternativo caratterizzato dai nuovi vincoli d’investimento. Per la costituzione del nuovo PIR è possibile rivolgersi, oltre che ad Organismi di investimento collettivo del risparmio (Oicr) aperti e a contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione, anche ad altri intermediari, quali gestori di fondi di investimento alternativi (Fia), come Eltif, fondi di private equity, fondi di private debt e fondi di credito. Tra gli investimenti qualificati rientreranno non solo gli strumenti finanziari “classici”, ma anche fonti di finanziamento alternative al canale bancario, come la concessione di prestiti e l'acquisizione dei crediti delle imprese.

Lo strumento è stato ulteriormente potenziato dal decreto Agosto, che ha modificato la disciplina dei PIR alternativi introdotti dal dl Rilancio aumentando il limite di investimento annuale in tali Piani da 150mila a 300mila euro. Confermato, invece, il tetto complessivo di 1,5 milioni di euro.

Un ulteriore intervento è arrivato dalla legge di bilancio 2021, che per i PIR alternativi costituiti dal 1° gennaio 2021 ha previsto un credito d’imposta pari alle eventuali minusvalenze derivanti dagli investimenti qualificati effettuati entro il 31 dicembre 2021, a condizione che questi siano detenuti per almeno cinque anni. 

I PIR nella manovra 2022

Rispetto a questo quadro la legge di Bilancio 2022 interviene nuovamente innalzando i limiti applicabili ai Piani costituiti fino al 31 dicembre 2019, in particolare portando la soglia annua di investimento con accesso all'incentivo fiscale da 30mila a 40mila euro e il limite complessivo nei cinque anni da 150mila a 200mila euro.

Inoltre, la manovra va a modificare la disciplina dei PIR di cui al comma 2-bis dell'articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019, cioè i Piani costituiti a decorrere dal 1° gennaio 2020 che, per almeno i due terzi dell'anno solare di durata del piano, investono almeno il 70% del valore complessivo, direttamente o indirettamente, in strumenti finanziari, anche non negoziati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, emessi o stipulati con imprese residenti nel territorio dello Stato o in Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE Mid Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati, in prestiti erogati alle predette imprese nonché in crediti delle medesime imprese.

Per tali PIR, la nuova legge di bilancio prevede l'esclusione dai vincoli stabiliti dal comma 112 dell'articolo 1 della manovra 2017, in particolare il vincolo in base al quale ciascuna persona fisica può essere titolare di un solo PIR "ordinario" e di un solo PIR costituito ai sensi del comma 2-bis dell'articolo 13-bis del decreto Fiscale n. 124-2019 e la norma per cui ciascun Piano di risparmio non può avere più di un titolare.

La circolare n.19/E-2021 dell'Agenzia delle Entrate sui PIR

Un'utile guida per orientarsi alla luce delle numerose modifiche apportate alla disciplina dei Piani di risparmio a lungo termine dal dl n. 124-2019, dal decreto Rilancio e dalla Legge di Bilancio 2021 è la circolare n. 19/E del 29 dicembre 2021, con cui l'Agenzia delle Entrate fa il punto sulle regole da tenere a mente per accedere ai benefici dei Piani di risparmio a lungo termine.

La circolare ricorda, ad esempio, che le quote di Srl possono rientrare tra gli investimenti oggetto di agevolazione nei Piani ordinari solo se offerte al pubblico, mentre non vi sono limitazioni per le quote detenute nei PIR alternativi, cioè i Piani costituiti a partire dal 19 maggio 2020. Il documento di prassi chiarisce inoltre che il regime dei PIR e il regime fiscale degli investimenti in start-up e in Pmi innovative non sono alternativi, ma possono essere applicati insieme.

Consulta la Circolare n. 19/E del 29 dicembre 2021

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