Report UE: Nel mondo aumenta il protezionismo e l’Europa interviene

Report UE su dazi doganali: photocredit Claudia Peters Nel mondo è in aumento il protezionismo, un fenomeno che colpisce tutti i settori e su cui l’UE sta intervenendo per tutelare le imprese del continente. E’ questa la sintesi del report della Commissione Europea sulle barriere commerciali e agli investimenti che nel 2018 hanno colpito le imprese europee. Si conferma, dunque, la crescita del protezionismo a livello internazionale, ma anche l’aumento degli interventi dell’UE per contrastarlo.

Commercio - UE abbatte barriere mentre nel mondo aumenta protezionismo

Nel 2018 le imprese europee si sono trovate costrette ad affrontare 45 nuovi ostacoli di natura protezionistica, che hanno reso più costosi e complicati gli scambi con numerosi paesi extraeuropei. A fine 2018, è quindi salito a 425 il numero di misure protezionistiche complessivamente attive, per un totale di 59 paesi coinvolti.

I paesi più protezionisti del 2018

Nel 2018 le principali minacce di natura protezionistica sono pervenute da un gruppo di quattro paesi: Cina, Stati Uniti, India e Algeria. Nel loro complesso, le disposizioni adottate da questi quattro paesi hanno rappresentato l’80% delle misure di natura protezionistica che lo scorso anno hanno afflitto l’export delle imprese europee.

I settori maggiormente colpiti sono stati quelli dell’acciaio, dell'alluminio, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC).

La Commissione ha stimato che l’impatto economico negativo sulle esportazioni europee generato dalle 45 nuove barriere adottate nel 2018, si aggira sui 51,4 miliardi di euro e, in termini di valori, è più che raddoppiato rispetto all’anno precedente. Si tratta tra l'altro, sottolinea il report, di una stima prudenziale che fa sì che il valore economico del danno possa essere ancora più alto.

Dei quattro paesi “più protezionisti” nel 2018, in termini di impatto economico generato dalle misure adottate, la classifica è guidata dalla Cina.

Si aggira sui 25,7 miliardi di euro, infatti, il valore complessivo delle barriere stabilite da Pechino lo scorso anno e che, in parte, è stato generato dalla nuova barriera adottata nel settore ICT. Si tratta, nello specifico, dell’attuazione della nuova legge cinese in materia di cyber security che, in sostanza, esclude le aziende straniere da alcuni segmenti di mercato ritenuti sensibili. L'atteggiamento cinese in materia di ICT, tuttavia, esula da soli motivi legati alla sicurezza, interessando più in generale tutto il settore delle industrie high-tech e le disposizioni generali della politica industriale cinese legata alla strategia “Made in China 2025” e alle varie distorsioni commerciali da essa generata.

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Al secondo posto per impatto economico generato dalla misure adottate si collocano gli Stati Uniti che nel 2018 hanno introdotto quattro nuove barriere commerciali - di cui una fortunatamente risolta. Il valore complessivo delle rimanenti tre, raggiunge comunque quota 6,8 miliardi e riguarda soprattutto i nuovi dazi che Washington ha introdotto sulle importazioni di acciaio (25%) e alluminio (10%), oltre all'allargamento della definizione di sicurezza nazionale che ha ricadute anche in materia di commercio.

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Anche l’India, nel 2018, ha confermato il crescente trend protezionistico adottato negli ultimi anni e che ha comportato l'adozione di dazi doganali proibitivi nei settori sanitario, fito-sanitario e agricolo, oltre all’introduzione di numerose barriere tecniche. Ostacoli ulteriori si registrano anche nelle normative locali nel campo del procurement e nell'assenza di un quadro efficace per la protezione degli investimenti stranieri. In particolare nel 2018 l’India ha introdotto cinque nuove barriere - di cui una risolta- e che nel loro complesso si attestanto sui 6,5 miliardi.

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Pure l'area del Mediterraneo non è rimasta esente dal vento protezionistico che sta soffiando negli ultimi anni. In questo contesto, il paese “più attivo” è stato l’Algeria che nel 2018 ha introdotto cinque nuove barriere - di cui una eliminata grazie all'intervento dell’UE. L’impatto negativo per le esportazioni europee, generato dalle misure algerine, è stato di 2,7 miliardi di euro.

L’intervento dell’UE

In un quadro mondiale di crescente protezionismo, l’azione dell’Unione Europea è stata energica e ha portato alla risoluzione di numerose dispute.

Nel solo 2018 sono stati 35 gli ostacoli alle esportazioni europee rimossi grazie all'intervento della Commissione, con ricadute positive su otto settori: l'agricoltura e la pesca, le automobili, i prodotti tessili e gli articoli di pelletteria, i vini e le bevande alcoliche, i cosmetici, i prodotti minerali, i componenti aeronautici e le attrezzature TIC.

In particolare gli ostacoli agli scambi e agli investimenti eliminati nel 2018 comprendevano tra l'altro:

  • le restrizioni cinesi alle importazioni di prodotti bovini e ovini;
  • le misure antidumping illegali imposte dalla Russia sui veicoli commerciali leggeri;
  • i dazi sui prodotti elettronici e i certificati veterinari obbligatori che limitavano le esportazioni di articoli di pelletteria in India;
  • le restrizioni all'uso di additivi autorizzati nel vino e nelle bevande alcoliche in Giappone;
  • l'etichettatura obbligatoria dei prodotti tessili in Egitto.

Più in generale, dal 2014 “sono stati eliminati 123 ostacoli che frenavano le opportunità di esportazione dell'UE”, ha affermato la Commissaria responsabile per il Commercio, Cecilia Malmström, aggiungendo che “nel complesso contesto odierno, caratterizzato da un numero crescente di tensioni commerciali e di misure protezionistiche, l'UE deve continuare a difendere gli interessi delle proprie imprese sui mercati mondiali. Garantire il rispetto delle norme in vigore è della massima importanza”.

> Consulta il report della Commissione Europea

Photocredit: Claudia Peters da Pixabay 

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